Introduzione
La realtà atomica
Respirazione cellulare e particelle subatomiche
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La realtà atomica
 

A questo punto può essere interessante introdurre un discorso più approfondito sulla struttura intima della materia, che per sua natura non può che porsi all'interno di un soggetto ben più ampio, quello della Creazione. Abbiamo provato a renderci conto, nella sezione dedicata all'astronomia, di come siano enormi le dimensioni dell'universo in cui siamo immersi e uno dei pensieri che, di conseguenza, si possono affacciare alla mente è quanto siamo piccoli noi esseri umani. In realtà non è un pensiero completamente corretto perchè la scienza moderna ci mostra anche quanto invece siamo grandi rispetto alle minuscole particelle di cui è fatto l'universo, il nostro pianeta ed anche noi stessi. A questo proposito, a seguire, ho cercato di dare una descrizione, spero chiara e concisa allo stesso tempo, di quella che più o meno è la realtà alla base di tutto quanto esiste nel creato, almeno per quanto riguarda il punto di vista della scienza del XXI secolo La prima idea che mi sorge, una volta comparate le dimensioni dell'uomo con quelle dell'universo e della realtà atomica, è quella dei viaggi di Gulliver; tanto grande con i Lillipuziani e tanto piccolo rispetto ai giganti. Quanto cercherò di andare a fare, poi, è un tentativo secondo me interessante, quello cioè di trovare dei punti di contatto tra le scoperte della fisica moderna ed i concetti espressi dalle antiche scritture sacre dell' Induismo, a cui sicuramente la disciplina del kriya yoga si rifà ampiamente. La Verità è una sola, e se le facoltà dell'essere umano sono in grado di percepirne l'essenza o anche solo delle parti, queste devono essere fondamentalmente in accordo tra di loro secondo la "logica" delle cose. Personalmente credo questo, e per farlo mi avvarrò sia del testo scritto da un fisico moderno, Fritjof Capra, Il Tao della Fisica, che del già più volte citato "La Scienza Sacra" scritto da Swami Sri Yukteswar, che nel campo del Kriya Yoga è riconosciuto come uno degli esponenti di massimo livello. Il libro di Capra, che consiglio di leggere a chiunque sia interessato all'argomento dei paralleli possibili che esistono tra Scienza e Religione, si propone già e lo fa in maniera ben più approfondita di me, di trovare punti di contatto tra Religioni Orientali e le scoperte fondamentali della Fisica moderna; nel mio piccolo cerco di fare questo nel campo specifico del Kriya, lasciando al lettore le proprie deduzioni personali. Swami Sri Yukteswar cercando di instillare nei suoi discepoli il giusto modo di acquisire la conoscenza diceva loro: "La saggezza non si assimila con gli occhi ma con gli atomi. Quando la convinzione della verità non è ancorata solo nel tuo cervello, ma in tutto il tuo essere, allora puoi cautamente avvallarne il significato". Scoraggiava ogni tendenza degli allievi a considerare la cultura acquisita dai libri come passo necessario per raggiungere la realizzazione spirituale.

 

Allora Gesù disse: "Ti ringrazio, Padre,

Signore del cielo e della terra,

perché hai nascosto queste cose ai grandi e ai sapienti

e le hai fatte conoscere ai piccoli."

 

Matteo 11, 25-27

 

L'atomo - Il punto di vista della fisica
 

All'inizio del Novecento i fisici disponevano di due teorie valide, capaci di spiegare fenomeni differenti: la meccanica di Newton e l'elettrodinamica di Maxwell; di conseguenza, il modello newtoniano non costituiva più la base di tutta la fisica. I primi tre decenni del XX secolo cambiarono radicalmente l'intera situazione della fisica. Due sviluppi verificatisi separatamente, quello della teoria della relatività e quello della fisica atomica, infransero tutti i più importanti elementi della concezione newtoniana del mondo: la nozione di spazio e di tempo assoluti e quella di particelle solide elementari, la natura strettamente causale dei fenomeni fisici e l'ideale di una descrizione oggettiva della natura. Nessuno di questi elementi poteva essere applicato ai nuovi ambiti in cui allora la fisica stava penetrando.


Agli inizi della fisica moderna si erge la straordinaria impresa intellettuale di un solo uomo: Albert Einstein. Con due articoli, pubblicati entrambi nel 1905, Einstein avviò due linee di pensiero rivoluzionarie: la prima era la sua teoria della relatività speciale, l'altra era un nuovo modo di concepire la radiazione elettromagnetica che in seguito avrebbe caratterizzato la meccanica quantistica, la teoria dei fenomeni atomici. Nella sua forma completa, la meccanica quantistica venne elaborata vent'anni dopo, con il contributo di un intero gruppo di fisici; invece, la teoria della relatività fu costruita quasi completamente dal solo Einstein. Gli scritti scientifici di Einstein si innalzano all'inizio del Novecento come imponenti monumenti intellettuali, piramidi della civiltà moderna. Einstein era profondamente convinto dell'armonia della natura e lo scopo che si propose con maggiore impegno nel corso di tutta la sua attività scientifica fu quello di trovare una fondazione unificata della fisica. Egli cominciò a muoversi in questa direzione costruendo una struttura teorica comune per l'elettrodinamica e per la meccanica, le due teorie distinte della fisica classica. Questa struttura, nota come teoria della relatività speciale, unificava e completava la fisica classica, ma nello stesso tempo comportava drastici cambiamenti nei concetti tradizionali di spazio e di tempo e minava alla base uno dei pilastri della concezione newtoniana del mondo.


Secondo la teoria della relatività, lo spazio non è tridimensionale e il tempo non è un'entità separata. Essi sono strettamente connessi e formano un continuo quadridimensionale, lo « spazio-tempo ». Perciò, nella teoria della relatività non si può mai parlare dello spazio senza parlare del tempo e viceversa. Inoltre non esiste un flusso universale del tempo come nel modello newtoniano. I concetti di spazio e di tempo sono talmente fondamentali per la descrizione dei fenomeni naturali che una loro modificazione comporta una trasformazione dell'intero schema teorico di cui ci serviamo per rappresentare la natura.

 


Nel 1894 lo Swami Sri Yukteswar, rifacendosi alle antiche scritture, scriveva nel suo "La Scienza Sacra":

 

 

Parambrahma induce la creazione, la Natura inerte (Prakrti), ad emergere. Da OM (Pranava, il Verbo, la manifestazione della Forza Onnipotente) hanno origine "Kala", il Tempo, "Desa", lo Spazio e "Anu", l'Atomo (la struttura vibratoria della creazione).

 

Il Verbo, Amen (OM), è il principio della Creazione. La Forza Onnipotente (la forza di Repulsione e la sua espressione complementare, cioè la forza di Attrazione, la Coscienza Onnisciente o Amore) si rende manifesta quale vibrazione che si palesa come un suono particolare: il Verbo, Amen, OM. Nei suoi differenti aspetti OM esprime l'idea del mutamento, ossia l'idea del Tempo, "Kala", nell' Eterno Immutabile e l'idea del divisibile, ossia l'idea dello Spazio, "Desa", nell' Eterno Indivisibile. Il risultato che ne deriva è l'idea delle particelle, cioè degli innumerevoli atomi, "Anu". Quindi il Verbo, il Tempo, lo Spazio e l'Atomo sono la stessa e unica cosa, e in sostanza soltanto idee.

 

 

La principale conseguenza di tale trasformazione è di aver capito che la massa non è altro che una forma di energia. Anche un oggetto in quiete possiede energia immagazzinata nella sua massa e la relazione tra massa ed energia è data dalla famosa equazione

E = mc2

dove "c" è la velocità della luce. Tale velocità rappresenta una costante fisica indicata tradizionalmente con la lettera "c" (dal latino celeritas, "velocità"). Indipendentemente dal sistema di riferimento di un osservatore o dalla velocità dell'oggetto che emette la radiazione, ogni osservatore otterrà sempre lo stesso valore della velocità della luce. Nessuna informazione può viaggiare più velocemente di "c". Il suo valore è pari a 299.792.458 m/s, che tipicamente viene approssimato a 300.000 km/s.


Osservatori differenti, che si muovano con differenti velocità relative rispetto agli eventi osservati, ordineranno questi ultimi secondo una diversa successione temporale. In tal caso, due eventi che un osservatore vede come simultanei possono avvenire in una diversa successione temporale per altri osservatori. Tutte le misure in cui entrano lo spazio e il tempo perdono quindi il loro significato assoluto. Nella teoria della relatività vengono abbandonati sia il concetto newtoniano di spazio assoluto inteso come scenario immutabile dei fenomeni fisici, sia il concetto di tempo assoluto. Lo spazio e il tempo diventano soltanto elementi del linguaggio che un particolare osservatore usa per descrivere i fenomeni dal proprio punto di vista. La teoria della relatività generale di Einstein abolisce quindi completamente i concetti di spazio e di tempo assoluti. Non solo tutte le misure riguardanti lo spazio e il tempo sono relative, ma l'intera struttura dello spazio-tempo dipende dalla distribuzione della materia nell'universo e il concetto di « spazio vuoto » perde significato.La concezione meccanicistica del mondo della fisica classica era basata sulla nozione di corpi solidi che si muovono nello spazio vuoto. Questa nozione è ancora valida nella regione che è stata chiamata la « zona delle medie dimensioni », vale a dire nel campo della nostra esperienza quotidiana (più o meno quella entro il campo di percezione dei nostri sensi fisici), dove la fisica classica continua a essere una teoria utile. Sia il concetto di spazio vuoto sia quello di corpi materiali solidi sono profondamente radicati nel nostro modo di pensare, cosicché per noi è estremamente difficile immaginare una realtà fisica nella quale essi non siano più validi. Eppure è proprio ciò che la fisica moderna ci costringe a fare quando andiamo oltre le dimensioni medie. Non ha più senso parlare di « spazio vuoto » in astrofisica e in cosmologia, le scienze dell'universo su larga scala, mentre il concetto di corpo solido è stato spazzato via dalla fisica atomica, la scienza dell'infinitamente piccolo.

Al volgere del secolo, furono scoperti numerosi fenomeni in rapporto alla struttura degli atomi e inspiegabili in termini di fisica classica. Il primo indizio del fatto che gli atomi avevano una struttura interna venne fornito dalla scoperta dei raggi X, una nuova radiazione che fu rapidamente impiegata nelle ormai ben note applicazioni in campo medico. Ma i raggi X non sono l'unica radiazione emessa dagli atomi e, subito dopo la loro scoperta, vennero trovati altri tipi di radiazioni emesse dagli atomi delle cosiddette sostanze radioattive. Il fenomeno della radioattività diede una prova definitiva della natura composta degli atomi, mostrando che gli atomi delle sostanze radioattive non solo emettono vari tipi di radiazione, ma si trasformano anche in atomi di sostanze completamente differenti. Oltre a essere oggetto di intensi studi, questi fenomeni furono anche usati nei modi più ingegnosi come nuovi strumenti per indagare nella materia più in profondità di quanto non fosse stato mai possibile prima. Così Max von Laue usò i raggi X per studiare la disposizione degli atomi nei cristalli, e Ernest Rutherford si rese conto che le cosiddette particelle alfa emesse dalle sostanze radioattive erano proiettili ad alta velocità e di dimensioni subatomiche, utilizzabili per esplorare l'interno dell'atomo: potevano essere lanciate contro gli atomi e dal modo in cui ne fossero state deviate si sarebbero potute trarre conclusioni sulla struttura degli atomi stessi. Quando provò a bombardare gli atomi con le particelle alfa, Rutherford ottenne risultati sensazionali e del tutto inaspettati. Ben lungi dall'essere particelle dure e solide come si riteneva fin dall'antichità, gli atomi risultarono costituiti da una vasta regione di spazio nella quale particelle estremamente piccole, gli elettroni, si muovevano attorno al nucleo, legati a esso da forze elettriche.

Non è facile avere un'idea dell'ordine di grandezza degli atomi, tanto essa è lontana dalla nostra scala macroscopica. Il diametro di un atomo, inteso come nuvola elettronica, è circa un centesimo di milionesimo di centimetro. Per visualizzare questo minuscolo oggetto, si può immaginare un'arancia che cresca fino a raggiungere le dimensioni della Terra. A questo punto, gli atomi dell'arancia sarebbero grandi come ciliegie. Miriadi di ciliegie, strettamente impacchettate in un globo delle dimensioni della Terra: ecco una immagine realistica, opportunamente ingrandita, degli atomi di un'arancia.

Un atomo, quindi, è estremamente piccolo rispetto agli oggetti macroscopici. Tuttavia è enorme se confrontato con il suo nucleo, che sta al centro. Nella nostra immagine degli "atomi-ciliegie", il nucleo di un atomo sarebbe così piccolo che non potremmo ancora vederlo con i nostri occhi fisici. Se facessimo crescere l'atomo fino alle dimensioni di un pallone da calcio, o anche fino alle dimensioni di una stanza, il nucleo sarebbe ancora troppo piccolo per essere visibile a occhio nudo. Per poter vedere il nucleo dovremmo far crescere l'atomo fino alle dimensioni della più grande cupola del mondo, quella della basilica di San Pietro a Roma. In un atomo di quelle dimensioni, il nucleo sarebbe grande quanto un grano di sale! Un grano di sale nel centro della cupola di San Pietro e minuscoli granelli di polvere che gli turbinano velocissimamente intorno, nell'enorme vastità del "cupolone": in questo modo possiamo raffigurarci il nucleo e gli elettroni di un atomo. Le immagini riportate qui sotto possono cercare di aiutare a formarsi un' idea grafica di quanto descritto, ma le proporzioni non sono assolutamente rispettate per ovvi limiti pratici di visualizzazione.

Arancia Pianeta Terra Ciliegia Cupolone Grano di sale

Nota: il grano di sale c'è anche se è difficile da vedere; se si osserva bene lo si vedrà "pulsare".

 
Le dimensioni dell'atomo
 

Per avere un' idea del diametro di un atomo, inteso come "nuvola" elettronica, dobbiamo prendere un metro, dividerlo in un miliardo di volte e poi ancora in dieci parti! Per indicare questa misura si scrive

10-10 m

cioè un metro diviso per 10.000.000.000

Le dimensioni dei nuclei sono 10-4 volte più piccole (cioè diecimila volte più piccole) di quelle dell'atomo. Insomma tra i diametri del nucleo e dell’atomo c’e un rapporto approssimativamente pari a quello fra la capocchia di uno spillo e la cupola della basilica di San Pietro a Roma, come abbiamo già visto prima. Se ne desume che, poiché il volume è proporzionale al cubo dei diametri, la proporzione tra la materia solida e lo spazio vuoto in un atomo è pari a 10-12: un milionesimo di milionesimo. Questo significa che se dividiamo lo spazio occupato da un atomo in un milione di cellette e poi ogni celletta in un milione di parti, solo una di queste ultime è occupata da materia, tutte le altre sono vuote! E poiché tutto sulla terra è fatto di atomi, ciò vuol dire che il nostro corpo e la sedia su cui siamo seduti, sono composti da una quantità di spazio vuoto un milione di milioni di volte maggiore dello spazio occupato dalla materia che percepiamo come tale. Aristotele era dunque veramente in errore: la materia è essenzialmente composta dal vuoto. L'unica ragione per cui il nostro corpo e la sedia su cui siamo seduti ci sembrano cosi solidi e impermeabili, è perché tali quantità infinitesimali di materia sono tenute insieme da forze che agiscono come invisibili ma potentissime molle. In conclusione, le domande fondamentali che dobbiamo porci per imparare a conoscere il mondo che ci circonda sono:

Quali e quanti sono i costituenti fondamentali della materia?
Quali sono e come agiscono le forze o interazioni tra i costituenti fondamentali della materia?
 
L'elettrone
 

Delle tre particelle che costituiscono gli atomi, l'elettrone è di gran lunga il più leggero ed il più piccolo. Per avere un idea del suo peso dobbiamo pensare che ci vorrebbero dieci miliardi di miliardi di miliardi di elettroni per fare un solo grammo di materia! La sua massa è infatti:

me = 9.1 × 10-28 gr


Il raggio dell'elettrone è così piccolo che non si è ancora riusciti a misurarlo; per questo diciamo che è puntiforme. Sappiamo inoltre che è privo di struttura interna, cioè è una particella fondamentale in quanto non composta da altre più piccole. Nell'uso comune, l'elettrone viene abbreviato con il simbolo "e-" e la sua carica elettrica per convenzione è negativa. La carica dell'elettrone "Qe" viene identificata come carica elementare. In questo modo, la carica di tutte le altre particelle viene riferita a quella dell'elettrone: la carica elettrica di una particella è sempre un multiplo intero o una frazione, segno a parte, della carica elementare:

Qe

La scoperta degli elettroni, nel 1897, da parte di J.J. Thompson, ha messo in evidenza per la prima volta l'esistenza delle particelle elementari, o meglio la natura non continua della materia.

 
Il protone
 

Il protone è, insieme al neutrone, uno dei due costituenti del nucleo atomico. Il protone è molto più pesante dell'elettrone; la sua massa è infatti circa 2000 volte quella dell'elettrone.

mp = 1.67 × 10-24 gr


Il raggio del protone è

rp = 1 fm


1 fm = 10-15 m

Questa grandezza [fm] viene chiamata fermi dal nome del grande fisico italiano Enrico Fermi, ed è spesso usata per le misure atomiche e subatomiche. Per ottenere un fermi dobbiamo dividere un metro in un miliardo di parti, poi dividere quanto ottenuto in un milione di parti! Il protone viene comunemente abbreviato con il simbolo “p”, e la sua carica elettrica è uguale a quella dell'elettrone ma ha segno opposto, ovvero è positiva:

QP = + Qe


Storicamente, la scoperta del protone non è legata ai risultati di un esperimento preciso, come è invece avvenuto per le altre particelle: infatti, intorno al 1920, si accertò che non esisteva alcun componente nucleare di carica positiva più leggero dell'atomo di idrogeno (ricordiamo che la massa degli elettroni è trascurabile rispetto a quella dei protoni) e si arrivò alla conclusione che il costituente fondamentale dei nuclei atomici fosse il nucleo di idrogeno, che fu chiamato protone (dal greco proton, che significa “primo”).

 
Il neutrone
 

Il neutrone è, insieme al protone, uno dei 2 costituenti del nucleo atomico. La massa del neutrone è di circa 10% maggiore a quella del protone. Il raggio del neutrone è come quello del protone.

 

rn = 1 fm

Il neutrone viene comunemente abbreviato con il simbolo “n”, e non possiede carica elettrica, ovvero è una particella elettricamente neutra. Nel 1930, W. Bothe e H. Becker osservarono l'emissione di radiazione neutra mentre bombardavano con particelle alfa (nuclei di elio) un bersaglio di berillio. Nel 1932, Chadwick, sulla base dei risultati di alcuni esperimenti da lui eseguiti su questa nuova radiazione, constatò che questa non poteva essere radiazione elettromagnetica (fotoni), ma particelle neutre (cioè con carica elettrica nulla) di massa circa uguale a quella del protone; il neutrone. Come riconoscimento per i risultati ottenuti con le sue ricerche, Chadwick fu insignito del premio Nobel per la fisica nel 1935.

 

Nota: É interessante notare come le caratteristiche elettriche intrinseche di questi tre tipi di particelle subatomiche costituenti dell'atomo siano in relazione con quanto Swami Sri Yukteswar cita a proposito dei tre guna.

 
I quark
 

Come abbiamo già accennato, negli anni '60 i fisici dimostrarono che il protone e il neutrone sono entrambi composti da particelle più piccole: i quark. Protone e neutrone sono composti da due varietà di quark chiamati "up" e "down". Il protone è composto da tre quark, per l'esattezza due quark up e un quark down. Ogni quark up trasporta una quantità di carica elettrica positiva pari a due terzi della carica di un elettrone (ma di segno opposto. Ogni quark down trasporta una quantità di carica negativa, di grandezza pari a un terzo della carica dell'elettrone. Quindi, la carica complessiva del protone è unitaria e positiva

2/3 + 2/3 - 1/3 = 1

Anche il neutrone è composto da tre quark, per l'esattezza due quark down e un quark up. Quindi, la carica elettrica complessiva del neutrone è nulla

2/3 - 1/3 - 1/3 = 0

I costituenti fondamentali, i mattoni ipotizzati dai greci di cui tutto il mondo intorno a noi è costituito, sono finalmente stati identificati ?

Forse, ma sicuramente non sono soltanto elettroni e quark up e down! Nel 1956, i fisici F. Reines e C. Cowan scoprirono un'altra particella indivisibile: il neutrino, che peraltro era già stato previsto qualche anno prima dal fisico teorico W. Pauli. Esperimenti successivi hanno mostrato che il quadro dei costituenti fondamentali della materia non è ancora completo: esistono infatti altri tipi di quark oltre a quelli up e down. Non solo: esistono altre particelle simili all'elettrone e al neutrino. Oggi i fisici hanno sperimentalmente dimostrato l'esistenza di tre famiglie di particelle elementari del tutto simili tra loro, tranne che per le masse. Queste particelle, raggruppate in tre famiglie, sono alla base del modello teorico denominato Modello Standard, che necessiterebbe di un percorso ad esso dedicato per essere descritto, ma và forse un po' oltre gli scopi di queste righe. Per chi fosse comunque interessato se ne può trovare una descrizione esauriente ed in forma semplice ai link sottostanti

http://www.infn.it/multimedia/particle/paitaliano/startstandard.html

http://scienzapertutti.lnf.infn.it/P5/sm_new.html

....ma, forse, la storia ancora una volta non è finita!
Alcuni fisici teorici ritengono infatti che anche i quark non siano elementari e che, quando saremo in grado di ispezionarli con precisioni oggi irraggiungibili con le attuali tecnologie, ci accorgeremo che sono scomponibili in elementi chiamati "string" (in italiano corde) che possiamo immaginare come dei minuscoli filamenti oscillanti. Le loro dimensioni sarebbero tali che, partendo da un protone, per ottenerne una misura eguale, dovremmo dividerlo prima in un milione di parti, poi dividere ognuna di queste parti ancora un milione di volte e poi dividere quanto ottenuto in cento parti. La loro esistenza non è oggi dimostrabile ma, se esistessero, risolverebbero alcuni problemi ancora insoluti. Ma questa è tutta un' altra storia ... e chi fosse curioso può dare un'occhiata al link

http://scienzapertutti.lnf.infn.it/string/paginiziale.htm

 

La meccanica quantistica ha mostrato che tutte queste sorprendenti proprietà degli atomi derivano dalla natura ondulatoria dei loro elettroni. Per prima cosa, l'aspetto solido della materia è una conseguenza di un tipico « effetto quantistico » collegato al comportamento duale onda-particella della materia, una caratteristica del mondo subatomico che non trova l'analogo nel mondo macroscopico. Ogni volta che una particella è confinata in un piccolo spazio, essa reagisce a questa limitazione agitandosi dentro, e tanto più piccola è la regione in cui è confinata, tanto più velocemente la particella vi si muove. Nell'atomo allora sono presenti due forze antagoniste. Da una parte, gli elettroni sono legati al nucleo da forze elettriche che cercano di trattenerli il più vicino possibile. Dall'altra, essi reagiscono a questa limitazione ruotando vorticosamente, e quanto più strettamente sono legati al nucleo, tanto più alta sarà la loro velocità; di fatto, il confinamento degli elettroni all'interno di un atomo porta a velocità enormi, di circa 900 chilometri al secondo!* Queste alte velocità fanno sì che l'atomo appaia come una sfera rigida, proprio come avviene per un'elica in rapida rotazione la quale appare come un disco.

* Riguardo a queste "enormi" velocità una volta ho chiesto ad un valente fisico sperimentale quale fosse la velocità degli elettroni attorno al nucleo, per chiedere conferma di quanto mi accingevo a scrivere; è rimasto perplesso e non mi ha saputo rispondere, dicendo che avrebbe dovuto cercare... poi però mi ha detto di non considerare l'atomo come un modello planetario come siamo abituati a considerarlo "da qua" poiché se così fosse questi perderebbe in breve tempo la sua energia e collasserebbe su sé stesso e così tutta la materia. L'atomo non si regge da fuori bensì da dentro, la sua vibrazione intrinseca emana da dentro.

É molto difficile comprimere ulteriormente gli atomi e ciò dà alla materia l'aspetto solido familiare. Il nucleo atomico è circa una decina di migliaia di volte più piccolo di tutto l'atomo, eppure ne contiene quasi tutta la massa. Ciò significa che la materia all'interno del nucleo deve essere estremamente densa rispetto ai tipi di materia che noi conosciamo. In effetti, se tutto il corpo umano fosse compresso fino a raggiungere la densità del nucleo, non occuperebbe più spazio di una capocchia di spillo. Questa elevata densità, tuttavia, non è l'unica proprietà insolita della materia nucleare. Avendo la stessa natura quantistica degli elettroni, i « nucleoni », come spesso vengono chiamati protoni e neutroni, reagiscono al loro confinamento muovendosi ad alta velocità, e poiché sono compressi in un volume molto più piccolo, la loro reazione è molto più violenta. Essi scorrono nel nucleo con velocità di circa 60.000 chilometri al secondo!* La materia nucleare è quindi un tipo di materia completamente differente da qualsiasi cosa appaia "quassù", nel nostro ambiente macroscopico.


I concetti della meccanica quantistica non erano facili da accettare, anche dopo che ne fu completata la formulazione matematica. Il loro effetto sull'immaginazione dei fisici era veramente sconvolgente. Gli esperimenti di Rutherford avevano mostrato che gli atomi, invece di essere duri e indistruttibili, consistevano di vaste regioni di spazio nelle quali si muovevano particelle estremamente piccole, e ora la meccanica quantistica chiariva che anche queste particelle non erano affatto simili agli oggetti solidi della fisica classica. Le unità subatomiche della materia sono entità molto astratte che presentano un carattere duale. A seconda di come le osserviamo, ora esse sembrano particelle, ora onde; e questa natura duale è presente anche nella luce, che può assumere l'aspetto di onde elettromagnetiche o di particelle. Questa proprietà della materia e della luce è assai strana. Sembra impossibile accettare che qualcosa possa essere, nello stesso tempo, una particella – cioè un'entità confinata in un volume molto piccolo – e un'onda, che si estende su un'ampia regione di spazio.

Questa contraddizione dette origine alla maggior parte dei paradossi di tipo koan che infine condussero alla formulazione della teoria dei quanti. L'intero processo ebbe inizio quando Max Planck scoprì che l'energia della radiazione termica non è emessa in maniera continua, ma si presenta sotto forma di « pacchetti di energia ». Einstein chiamò « quanti » questi pacchetti di energia e riconobbe in essi un aspetto fondamentale della natura. Egli fu tanto ardito da postulare che la luce e tutte le altre forme di radiazione elettromagnetica possono presentarsi non solo come onde elettromagnetiche ma anche sotto forma di quanti. I quanti di luce, che dettero il nome alla meccanica quantistica, sono stati in seguito accettati come particelle vere e proprie e ora vengono chiamati fotoni. Ma si tratta di particelle di tipo speciale, prive di massa e sempre in moto alla velocità della luce.


L'apparente contraddizione tra la rappresentazione corpuscolare e quella ondulatoria fu risolta in un modo del tutto inaspettato che mise in discussione il fondamento stesso della concezione meccanicistica del mondo: il concetto di realtà della materia. A livello subatomico, la materia non si trova con certezza in luoghi ben precisi, ma mostra piuttosto una « tendenza a trovarsi » in un determinato luogo, e gli eventi atomici non avvengono con certezza in determinati istanti e in determinati modi, ma mostrano una « tendenza ad avvenire ». Nel formalismo della meccanica quantistica, queste tendenze sono espresse come probabilità e sono associate a quantità matematiche che prendono la forma di onde; ecco perché le particelle possono essere allo stesso tempo onde. Esse non sono onde tridimensionali « reali », come le onde sonore o le onde nell'acqua, ma sono « onde di probabilità », quantità matematiche astratte che hanno tutte le proprietà caratteristiche delle onde e sono legate alle probabilità di trovare le particelle in particolari punti dello spazio e in particolari istanti di tempo. Tutte le leggi della fisica atomica sono espresse in funzione di queste probabilità. Non possiamo mai prevedere con certezza un evento atomico: possiamo solo dire quanto è probabile che esso avvenga.


La meccanica quantistica ha quindi demolito i concetti classici di oggetti solidi e di leggi rigorosamente deterministiche della natura. A livello subatomico, gli oggetti materiali solidi della fisica classica si dissolvono in configurazioni di onde di probabilità e queste configurazioni in definitiva non rappresentano probabilità di cose, ma piuttosto probabilità di interconnessioni. Un' attenta analisi del processo di osservazione in fisica atomica ha mostrato che le particelle subatomiche non hanno significato come entità isolate, ma possono essere comprese soltanto come interconnessioni tra la fase di preparazione di un esperimento e le successive misurazioni. La meccanica quantistica rivela quindi una fondamentale unità dell'universo: mostra che non possiamo scomporre il mondo in unità minime dotate di esistenza indipendente. Per quanto ci addentriamo nella materia, la natura non ci rivela la presenza di nessun « mattone fondamentale » isolato, ma ci appare piuttosto come una complessa rete di relazioni tra le varie parti del tutto. Queste relazioni includono sempre l'osservatore come elemento essenziale. L'osservatore umano costituisce sempre l'anello finale nella catena dei processi di osservazione e le proprietà di qualsiasi oggetto atomico possono essere capite soltanto nei termini dell'interazione dell'oggetto con l'osservatore. Ciò significa che l'ideale classico di una descrizione oggettiva della natura non è più valido. Quando ci si occupa della materia a livello atomico, non si può più operare la separazione cartesiana tra l'io e il mondo, tra l'osservatore e l'osservato. Nella fisica atomica, non possiamo mai parlare della natura senza parlare, nello stesso tempo, di noi stessi.


Non è certo lo scopo di queste pagine fornire una trattazione completa dell'argomento in oggetto al capitolo appena esposto. I concetti espressi sopra, derivati dalle esperienze teoriche e sperimentali nel campo della fisica degli ultimi cento anni, sono solo alcune delle verità che la scienza è riuscita a determinare. Ritengo interessante il confronto, che ciascuno potrà fare per proprio conto, con quanto esposto invece in seguito, che spiega più o meno gli stessi principi ma con un linguaggio ed un punto di vista piuttosto diverso. É curioso notare che gli anni in cui Einstein formulava le sue "nuove" teorie sulla struttura della materia e sull' origine delle cose, sono all'incirca gli stessi in cui, in Oriente, uomini illuminati si accingevano a divulgare concetti filosofici simili nella sostanza alle teorie di Einstein e di cui quanto esposto sotto è solo un piccolo estratto.

 

 
L'atomo - Un punto di vista filosofico-religioso
 

Riporto alcuni passi da "La Scienza Sacra", finito di scrivere nel 1894 da Swami Sri Yukteswar. Questo conciso, ma allo stesso tempo, immenso volumetto ebbe origine per il volere di Babaji, lo yogi immortale Guru di Lahiri Mahasaya, che al Kumbha Mela che si tenne nel Gennaio del 1894 ad Allahabad fece in modo di incontrare Sri Yukteswar e di dargli questo incarico, da lui stesso definito "erculeo" nella introduzione del libro. La Scienza Sacra si propone di mettere in evidenza la fondamentale armonia insita in tutte le religioni e di favorirne l'unione. Siccome l'esposizione grafica potrebbe non risultare di immediata comprensione vorrei introdurre alcuni chiarimenti per facilitarne la lettura: i vari sutra sanscriti, che sono l'essenza e la sostanza del libro originale, sono riportati assieme alla loro traduzione all'interno delle tabelle con bordo blu scuro. Seguono, in verde, i rispettivi commenti. Le citazioni della Bibbia e dei Vangeli, che compaiono tra i trafiletti dorati, sono anch'essi parte del libro e sono posti nella sequenza originale. L'argomento può non essere immediato e necessitare di più di una rilettura, ma mi auguro che l'esposizione che segue sia, alla fine, il più comprensibile possibile.

 

 

Parambrahma (lo Spirito o Dio) è eterno, assoluto, senza inizio né fine. E l'Essere unico e indivisibile. Il Padre Eterno, Dio, Swami Parambrahma, è la sola Sostanza Reale, Sat, ed è presente in tutto l'universo.

Perché non riusciamo a comprendere Dio:


Nell'uomo è insita una fede eterna che gli fa credere intuitivamente nell'esistenza di una Sostanza, di cui gli oggetti dei sensi - udito, tatto, vista, gusto e olfatto, cioè le componenti di questo mondo visibile - sono soltanto le proprietà. Poiché l'essere umano si identifica col corpo fisico, costituito dalle proprietà suddette, per mezzo dei suoi organi imperfetti può comprendere solo le proprietà, ma non la Sostanza di cui esse sono parte. Il Padre Eterno, Dio, l'unica Sostanza dell' universo, è quindi al di là della comprensione umana, a meno che, trascendendo la creazione delle Tenebre, o Maya, l'uomo non diventi egli stesso divino.
 

" Ora la fede è fondamento delle cose che si sperano
e prova di quelle che non si vedono ".

 

Ebrei, 11, 1
 

" Disse allora Gesù : 'Quando avrete innalzato il
Figlio dell' uomo, allora saprete che Io sono lui ' ".

 

Giovanni, 8,28

 

 

In esso (Parambrahma) è l'origine di tutta la conoscenza, di tutto l'amore; l'origine di tutto il potere e di tutta la gioia

Prakrti, ovvero la Natura di Dio.


La Forza Onnipotente (Sakti, o in altre parole la Beatitudine Eterna, Ananda) che ha dato origine al mondo, e la Coscienza Onnisciente (Cit) che rende il mondo cosciente, rivelano la Natura, Prakrti, di Dio Padre.


Come possiamo comprendere Dio:


L'uomo, poiché è fatto a immagine di Dio, interiorizzando la propria attenzione può comprendere che la Forza e la Coscienza di cui si è detto sono gli unici attributi del suo Sé. La Forza Onnipotente è la sua volontà, Vasana, e Bhoga è il godimento che ne deriva; la Coscienza Onnisciente è la sua Coscienza, Cetana, che prova questo godimento, Bhoktà.

 

"Così Dio creò l'uomo a sua immagine,
ad immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò"

 

Genesi, 1, 27


 

Parambrahma induce la creazione, la Natura inerte (Prakrti), ad emergere. Da OM (Pranava, il Verbo, la manifestazione della Forza Onnipotente) hanno origine "Kala", il Tempo, "Desa", lo Spazio e "Anu", l'Atomo (la struttura vibratoria della creazione)

Il Verbo, Amen (OM), è il principio della Creazione.


La Forza Onnipotente (la forza di Repulsione e la sua espressione complementare, cioè la forza di Attrazione, la Coscienza Onnisciente o Amore) si rende manifesta quale vibrazione che si palesa come un suono particolare: il Verbo, Amen, OM. Nei suoi differenti aspetti OM esprime l'idea del mutamento, ossia l'idea del Tempo, "Kala", nell' Eterno Immutabile e l'idea del divisibile, ossia l'idea dello Spazio, "Desa", nell' Eterno Indivisibile. Il risultato che ne deriva è l'idea delle particelle, cioè degli innumerevoli atomi, "Anu". Quindi il Verbo, il Tempo, lo Spazio e l'Atomo sono la stessa e unica cosa, e in sostanza soltanto idee. La manifestazione del Verbo (che diviene carne, cioè la materia esteriore) creò questo mondo visibile. Così il Verbo (Amen, Om) - essendo la manifestazione della Natura Eterna del Padre Onnipotente, ovvero del Suo Sé - è inseparabile da Dio ed è Dio stesso, proprio come il potere di bruciare è inseparabile dal fuoco e non è altro che il fuoco.
 

"Così parla l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio".

Apocalisse, 3, 14
 

"In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio ... Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste ... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi".

Giovanni, 1, 1-3-14

 

Gli Atomi (Anu) sono la causa della creazione. Nel loro insieme vengono chiamati Maya, il potere del Signore che genera l'illusione; ogni singolo Anu è chiamato Avidya, l'Ignoranza.

Gli Atomi sono il trono dello Spirito Creatore.


Gli Atomi, che rappresentano interiormente ed esteriormente le quattro idee sopra menzionate, sono il trono dello Spirito Creatore, di Colui che, irradiandoli della propria luce, crea questo universo. Nel loro insieme vengono chiamati Maya, le Tenebre, poiché impediscono la percezione della Luce Spirituale; singolarmente, ciascuno di essi è chiamato Avidya, l'Ignoranza, poiché rende l'uomo ignaro perfino del proprio Sé. Nella Bibbia, queste quattro idee che danno origine a tutti gli errori sono paragonate ad altrettante bestie. Finché l'uomo si identifica con il proprio corpo fisico, occupa una posizione di gran lunga inferiore a quella del quadruplice primigenio e, quindi, non riesce a comprenderlo. Ma non appena si innalza al suo livello, non solo comprende l'Atomo, sia interiormente sia esteriormente, ma anche la creazione intera, manifesta e immanifesta (cioè 'davanti e dietro').

 

"E in mezzo al trono e intorno al trono stavano
quattro bestie piene d'occhi davanti e di dietro".

Apocalisse, 4, 6

 

L'aspetto dell' Amore Onnisciente di Parambrahma è il Kutastha Caitanya. Il Sé individuale, essendo una Sua manifestazione, è uno con Esso.

Kutastha Caitanya, lo Spirito Santo, il Purusottama.


La manifestazione di Premabijam Cit (l'Attrazione, l'Amore Onnisciente) è la Vita, l'0nnipresente Sacro Spirito, e prende il nome di Spirito Santo (Kutastha Caitanya o Purusottama), che risplende sulle Tenebre, Maya, per attirare ogni loro parte verso la Divinità. Ma le Tenebre, Maya, o le relative parti individuali (Avidya, l'Ignoranza), cioè la presenza di Maya in ciascun uomo, essendo la repulsione stessa, non possono accogliere o comprendere la Luce Spirituale, sebbene la riflettano.


Abhasa Caitanya o Purusa, i Figli di Dio.

 
Lo Spirito Santo, essendo la manifestazione della Natura Onnisciente del Padre Eterno, Dio, non è una sostanza diversa da Dio stesso; e così questi riflessi dei raggi spirituali sono chiamati Figli di Dio (Abhasa Caitanya o Purusa).
 

"In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini ..."

.
"E la luce risplende nelle tenebre; ma le tenebre non l'hanno accolta".


"Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto".


Giovanni, 1, 4-5-11

 

L'Atomo, sotto l'influsso di Cit (la conoscenza universale) forma il Citta, ossia quella condizione di calma della mente, che, una volta spiritualizzata, prende il nome di Buddhi, l'Intelligenza. Il suo opposto è Manas la Mente, nella quale dimora il Jiva, il sé con Ahamkara, Ego, l'idea dell'esistenza separata.

Citta il Cuore; Ahamkàra, l'Ego, il figlio dell'uomo.


Questo Atomo (Avidya, l'Ignoranza) essendo sotto l'influenza dell'Amore Universale (Cit, lo Spirito Santo), si magnetizza spiritualmente, come la limatura di ferro in un campo magnetico, e acquisisce la consapevolezza, la capacità di sentire. Prende allora il nome di Mahat, il Cuore, Citta; e in quanto tale dà origine all'idea dell'esistenza separata del sé, che va sotto il nome di Ahamkara, l'Ego, il figlio dell'uomo.


Buddhi, l'Intelligenza; Manas, la Mente.


Essendo stato così magnetizzato, l'Atomo ha due poli; uno che l'attira verso la Sostanza Reale (Sat), e l'altro che lo respinge dalla Sostanza stessa. Il primo polo, chiamato Sattva o Buddhi, l'Intelligenza, stabilisce che cosa sia la Verità; l'altro, essendo un frammento della Repulsione, cioè la Forza Onnipotente spiritualizzata, come è stato chiarito in precedenza, produce il mondo delle idee per la sua propria gioia (ananda) e viene chiamato Anandatva, o Manas, la Mente.
 

Citta, l'Atomo spiritualizzato in cui compare l'Ahamkara (l'idea dell'esistenza separata del Sé), ha cinque manifestazioni (forze elettriche dell'aura) le quali costituiscono il corpo causale del Purusa. Le cinque forze elettriche, Panca Tattva, tramite i loro tre attributi, o Guna - Sattva (positivo), Rajas (neutralizzante) e Tamas (negativo) - danno origine agli organi dei sensi (Jnanendriya), agli organi dell'azione (Karmendriya) e agli oggetti dei sensi (Tanmatra). Questi quindici attributi, unitamente alla Mente e all'Intelligenza, costituiscono le diciassette ' membra sottili ' del corpo sottile, il Lingasarira

Panca Tattva, le Cause Originarie della creazione, costituiscono il corpo causale.

 
L'Atomo spiritualizzato, Citta (il Cuore), essendo una manifestazione della Repulsione, genera da ciascuna delle cinque parti che lo compongono cinque tipi di forze elettriche dell'aura, una dal centro, una da entrambi i lati estremi, e le altre due dagli spazi compresi tra il centro e ciascuno dei lati estremi. Questi cinque tipi di forze elettriche, essendo attirati dall'influenza dell'Amore Universale (lo Spirito Santo) verso la Sostanza Reale (Sat) producono un campo magnetico chiamato il corpo di Sattva Buddhi, l'Intelligenza. Poiché le cinque forze elettriche sono la causa di tutto quanto viene creato, prendono il nome di Panca Tattva, le cinque Cause Originarie, e sono considerate il corpo causale del Purusa, il Figlio di Dio.


I tre Guna, gli attributi elettrici.

 
Le forze elettriche, in quanto emanazioni del Citta polarizzato, sono caratterizzate dallo stesso stato di polarizzazione e dotate dei suoi tre attributi o Guna: Sattva, positivo, Tamas, negativo, Rajas, neutralizzante.

Questo diagramma, predisposto dal curatore, vuole illustrare soltanto lo sviluppo progressivo dei diversi aspetti della creazione e non certamente il loro rispettivo rapporto spaziale.

 

 

 

 

 

Respirazione cellulare e particelle subatomiche
 

L'esecuzione del prānāyāma implica indubbiamente, a livello fisico, un profondo processo respiratorio. Lasciando per un attimo da parte tutte le implicazioni spirituali che le varie tecniche di kriya prānāyāma portano con sé, volevo andare a fare un'analisi più approfondita di ciò che è l'intero processo respiratorio da un punto di vista biochimico. Siccome questo comporta il discendere nell'infinitamente piccolo in quanto si deve andare a ragionare su base molecolare, per cercare di essere il più possibile chiaro e comprensibile cercherò di partire da un poco prima ancora delle molecole e cioè dai suoi costituenti primari: gli atomi. In una sezione precedente di questa pagina questo argomento è stato già trattato al fine di tentare dei paragoni con alcune teorie proprie del Kriya, e per chi non ha nozioni di base di questi elementi è consigliabile farsene un'idea generale prima di proseguire oltre. Questo perché, come si vedrà nell'analisi della respirazione cellulare, alcune particelle subatomiche come elettroni e protoni vengono coinvolte in quanto tali nel processo di respirazione. Averne quindi una conoscenza di massima come carica elettrica e dimensioni credo possa essere utile ai fini di una piena comprensione ed una maggior consapevolezza.

 
Il mondo intorno a noi: gli atomi
 

Il mondo intorno a noi e l'intero Universo sono popolati da una grande diversità di materiali e forme di materia, ma sorprendentemente questa grande varietà di materia è composta da pochi e relativamente semplici mattoni fondamentali. La parola fondamentale e/o elementare sarà una parola chiave lungo tutto il nostro percorso di esplorazione dell'infinitamente piccolo. Per mattoni fondamentali intendiamo oggetti privi di una struttura interna, ovvero oggetti che a loro volta non possono essere scomposti in entità più piccole. L'idea dell'esistenza di tali entità fondamentali risale al tempo dell'antica Grecia, ai filosofi greci Leucippo e Democrito nel V secolo avanti Cristo. Essi credevano che tutta la materia dell'Universo fosse fatta di piccolissimi mattoni indivisibili che essi chiamarono atomi, (che in greco significa appunto "non divisibile") separati dal vuoto. Aristotele, invece, sosteneva che "la natura aborre il vuoto" e immaginava che la materia fosse indefinitamente divisibile in parti sempre più piccole. L'opinione di Aristotele prevalse, e l'ipotesi dell'atomo fu quasi completamente dimenticata per più di duemila anni.

Per più di duemila anni, quindi, l'idea di Aristotele ebbe quindi la meglio; ma a partire dal diciottesimo secolo gli scienziati, con una serie di scoperte che hanno dato origine alla chimica moderna, hanno dimostrato che tutte le sostanze sono scomponibili in piccolissimi costituenti corpuscolari, troppo piccoli per essere osservati con le tecniche dell'epoca. Seguendo la tradizione greca i chimici chiamarono tali costituenti atomi. Questa denominazione ebbe successo: i vari elementi chimici vennero catalogati in gruppi che mostravano proprietà simili, e da questo procedimento derivò la Tavola Periodica degli Elementi. In seguito, i fisici dimostrarono che gli atomi identificati dai chimici erano divisibili. Nelle decadi tra Ottocento e Novecento diversi brillanti esperimenti mostrarono che gli atomi sono composti da un piccolo e denso nucleo centrale di carica elettrica positiva intorno al quale sono in costante moto particelle di carica elettrica negativa, chiamati elettroni. Nuclei ed elettroni si combinano in diversi modi, tali da determinare le diverse proprietà chimiche osservate. Per un certo tempo, i fisici pensarono che gli elettroni e il nucleo fossero gli atomi dei greci, le particelle elementari di cui tutta la materia è composta. Avevano solo parzialmente ragione; infatti, mentre l'elettrone è ancora oggi ritenuto indivisibile, nuovi esperimenti mostrarono che il nucleo atomico non è una particella fondamentale.

Quindi quali particelle sono fondamentali ?
Il nucleo atomico è una particella fondamentale ?

No, poiché anche il nucleo ha una struttura interna: esso è composto da particelle con carica elettrica positiva, chiamate protoni, e da particelle prive di carica elettrica, chiamate neutroni. Protoni e neutroni sono genericamente chiamati nucleoni, in quanto, appunto, costituenti del nucleo atomico.

Allora i protoni e i neutroni sono particelle fondamentali ?


No. Protoni e neutroni sono composti, a loro volta, di particelle ancora più piccole, chiamate quark. Negli anni '60 un esperimento eseguito a SLAC (Stanford Linear ACcelerator) e una serie di esperimenti eseguiti in Italia nei Laboratori di Frascati presso l'acceleratore ADONE, dimostrarono infatti che neanche i protoni e i neutroni sono elementari. Protone e neutrone sono ognuno composti di tre particelle più piccole, alle quali è stato dato il nome di quark su proposta del fisico Murray Gell-Mann, che ne aveva già ipotizzato l'esistenza prima della scoperta. Per quanto ne sappiamo fino ad ora, i quark insieme agli elettroni sono particelle fondamentali in quanto non possono essere ulteriormente scomposti in entità più piccole.

 
Oltre l'atomo: le molecole
 

Non è lo scopo di questi paragrafi fare una approfondita trattazione fisico-chimica della materia nella sua essenza, ma si vorrebbe dare solo un'idea di massima della natura e degli ordini di grandezza che sono in gioco in tutte le cose che ci circondano e soprattutto in noi stessi, che ne siamo consapevoli o meno. Inoltre è importante avere queste conoscenze di base, che si imparano nei primi anni di scuola superiore, per poi riuscire a capire i processi che avvengono nelle cellule durante la respirazione, cioè di continuo durante tutto l'arco della nostra vita. Per una persona interessata allo yoga questi possono essere particolari di una certa importanza ancorché non strettamente basilare.

Abbiamo quindi visto brevemente quali sono i costituenti di base di tutta la materia che possiamo percepire con i nostri sensi fisici: gli atomi e le particelle sub-atomiche che lo compongono. In realtà i risultati sperimentali nel campo della fisica di questo ultimo secolo hanno evidenziato l'esistenza di molte altre particelle e relative famiglie di appartenenza (per esempio i quark di cui abbiamo visto solo due tipi ma che in realtà sono stati osservati in sei tipologie con differenti proprietà), ma altra è la direzione cui dobbiamo tendere per lo scopo in oggetto. Stabiliti i costituenti fondamentali della materia, esattamente gli stessi per qualsiasi tipo di materia, viene da chiedersi che cosa sia a fare sì che la natura di quanto ci circonda appaia in realtà così differente dai suoi costituenti che sono invece sempre le esatte copie degli stessi, qualsiasi sia l'oggetto o la persona di cui fanno parte. É il modo in cui gli atomi si combinano fra loro a generare la molteplicità. La materia è formata da particelle elementari chiamate atomi ed in natura ne esistono un centinaio di tipi; ognuno di essi ha struttura e proprietà differenti che sono determinati dal numero di protoni, neutroni ed elettroni presenti in esso. Quando gli atomi si combinano fra loro si generano delle molecole che possono essere costituite da atomi tutti uguali fra loro formando quelle che vengono definite sostanze semplici, mentre le molecole costituite da atomi diversi sono caratteristiche delle sostanze definite composte. Per esempio l'ossigeno, elemento di cui non possiamo fare a meno per più di un paio di minuti, non si presenta, nell'aria, in forma di atomi ma di molecole combinate in due atomi di ossigeno. Questa molecola viene comunemente indicata con il simbolo

O2

ad indicare l'elemento ossigeno combinato, appunto, in due atomi tenuti insieme tra di loro da un legame chimico. Se ci dovesse capitare di fare prānāyāma (ma anche solo di respirare normalmente) in una camera piena di atomi di ossigeno oppure, peggio, di molecole di ossigeno composte da tra atomi (l'ozono) ci porterebbe in pochi minuti a fare l'esperienza, credo non desiderata, del mahasamādhi.
Nota: in realtà l'essere umano necessita di respirare aria in cui la percentuale ottimale di ossigeno sta tra il 19 ed il 20.9% - per fisici in perfetta forma la percentuale di ossigeno tollerabile nell'aria va da 17 al 30% ma fuori dal range ottimale è sempre una fascia problematica.

Se l'ossigeno, nella sua forma molecolare, è definito una sostanza semplice, l'acqua, altro elemento di cui non possiamo fare a meno per più di qualche giorno, è definito una sostanza composta, in quanto è costituita da due atomi di Idrogeno ed uno di Ossigeno, combinati insieme a formare una molecola indicata con il noto simbolo

H2O

L’aria che respiriamo non è una sostanza semplice, un’unica sostanza chimica composta da un solo elemento, ma un miscuglio di gas e di microscopiche particelle solide e liquide. I due componenti principali sono l’azoto, nella sua forma molecolare N2 , che ne costituisce quasi i quattro quinti (78,08 %) e l’ossigeno, anch'esso nella sua forma molecolare O2 , che ne rappresenta poco più di un quinto (20,94 %). Il primo è un elemento base delle proteine, cioè dei costituenti fondamentali di ogni vivente ed una parte dell’azoto atmosferico è resa disponibile per i vegetali grazie all’azione di determinati batteri del suolo, gli azotofissatori; il secondo è il componente chimicamente attivo dell’aria perché è essenziale per la respirazione dei vegetali e degli animali e per le combustioni. L'azoto che è il costituente fondamentale del protoplasma animale, non prende parte al ricambio respiratorio e sembra avere nell’aria, solo la funzione di diluire l'ossigeno nella proporzione più adatta alla respirazione. Non è stato finora dimostrato un assorbimento diretto dell’azoto atmosferico da parte dei nostri tessuti, mentre sappiamo che, ad opera di microbi nitrofissatori, esso viene fissato sotto forma di composti semplici dalle piante, le quali possono da questi sintetizzare le proteine. In tal modo, tramite i vegetali, l'azoto dell’atmosfera può essere reso assimilabile dagli organismi animali.

L'ossigeno che si trova nell’aria, è un elemento indispensabile alla vita. I batteri anaerobi sembrano fare eccezione a questa legge, ma, in effetti, anch'essi utilizzano ossigeno che ricavano da sostanze che sono in grado di decomporre. L'organismo umano, esige quantità importanti di ossigeno. Con l'aumentare dell’altitudine si ha una diminuzione della tensione parziale di questo gas, il che condiziona l'insorgenza di fenomeni di ipossia (mal di montagna); ma anche variazioni in senso opposto possono provocare nell'uomo disturbi detti da iperossia, cioè un aumento della concentrazione di ossigeno nel corpo, specie nel sangue. L'ossigeno si trova nell’aria anche allo stato allotropico di ozono O3; questo si forma soprattutto per azione delle scariche elettriche nell’atmosfera durante i temporali. In media l'ozono si ritrova in quantità di 1-5 mg per ogni 100 m3 d'aria, la sua proporzione aumenta con l'altitudine. L'aria delle foreste e delle montagne ne è più ricca di quella delle pianure e durante la primavera se ne hanno quantitativi maggiori che in autunno e in inverno. Vi sono poi i gas rari: argon, neon, elio, cripto, xeno, in ragione complessiva dello 0,94 %, e l’anidride carbonica, o diossido di carbonio, costituita da una molecola composta da un atomo di carbonio e due di ossigeno, che rappresenta solo lo 0,03 %, ed il cui simbolo è

CO2

Pur se presente in percentuali molto piccole, svolge un ruolo vitale fondamentale, infatti le piante verdi assorbono l’anidride carbonica e la combinano, nel processo di fotosintesi, con l’idrogeno dell’acqua per produrre le sostanze nutritive necessarie alla loro esistenza e, di conseguenza, anche alla vita di tutti gli animali, liberando, nel contempo ossigeno. Inoltre l’anidride carbonica è un importante regolatore della temperatura della Terra perché è trasparente ai raggi solari, ma assorbe la radiazione termica emessa dalla superficie terrestre, rendendo più difficile la dispersione dell’energia nello spazio. L’anidride carbonica ha una forte variabilità stagionale; la caduta delle foglie d’inverno fa salire la quantità di anidride carbonica, mentre in primavera l’aumento dell’attività di fotosintesi clorofilliana nei vegetali sottrae anidride carbonica all’atmosfera.

La composizione dell'aria esposta sopra riguarda l’aria secca, ossia priva di vapore acqueo, cioè la fase gassosa dell’acqua, la cui concentrazione varia notevolmente nel tempo e nello spazio. Il vapore acqueo si concentra vicino alla superficie terrestre, dove può raggiungere il 4 % del volume di tutta l’atmosfera, ma è praticamente assente a quote superiori a 10 km; la sua concentrazione varia perciò dallo 0 al 3 – 4 %. Esso gioca un ruolo fondamentale nel determinare i mutamenti delle condizioni atmosferiche con la formazione e la dinamica delle nubi; non è, infatti, un componente passivo e interagisce sia con la radiazione solare che con il calore riemesso dalla Terra riscaldata dal Sole. Esercita, perciò, un’influenza profonda sulla distribuzione delle forme viventi sul nostro pianeta, dal momento che il grado di sostentamento che una determinata regione può offrire alle varie forme viventi è determinato principalmente dalla quantità d’acqua disponibile sotto forma di precipitazioni atmosferiche (cioè pioggia o neve). La quantità di vapor d’acqua che può rimanere nell’atmosfera dipende dalla temperatura. In generale l’aria calda contiene più vapor d’acqua di quella fredda. Per questo motivo l’aria ai tropici può contenere fino a 15 – 16 g d’acqua per chilogrammo d’aria secca. Alle medie latitudini si misurano concentrazioni molto minori.

 
Le Cellule
 

Le cellule sono le unità fondamentali della vita; le più piccole entità definibili vive. La cellula possiede la capacità di mantenere al proprio interno condizioni chimico-fisiche diverse dall'ambiente circostante: di fatto è un vero, piccolo ma potentissimo, laboratorio chimico all'interno del quale si susseguono continuamente reazioni che stanno alla base del metabolismo vitale; è perciò necessario che l'ambiente all'interno del quale si svolgono tali reazioni mantenga tutte le condizioni chimiche e fisiche indispensabili per una corretta attività. Tra le attività metaboliche più comuni troviamo l'acquisizione di energia, l'utilizzo di questa per mantenere le condizioni chimiche ottimali all'interno della cellula stessa e la sintesi di molecole organiche necessarie per la crescita e per la riproduzione. Gli esseri viventi possono essere costituiti da una singola cellula come nel caso dei batteri, lieviti o alghe nel regno vegetale, oppure costituiti da più cellule, meglio detti multicellulari.

Gli organismi multicellulari sono il risultato dell'evoluzione in riposta a difficoltà derivate dai limiti di crescita a cui una singola unità vitale può andare incontro in quanto l'eccessivo volume interno comporta un incremento delle distanze tra la membrana ed il nucleo, nonché una peggiore utilizzazione dei metaboliti interni. Per motivi fisiologici la cellula non può superare una certa dimensione: un aumento di diametro di n volte comporterebbe un aumento della superficie cellulare di circa n2 volte, con conseguente maggiore possibilità di scambi con l'esterno (sia in termini di nutrimento che di eliminazione dei rifiuti) ma anche un aumento del volume di n3 volte. Non essendo l'aumento della superficie cellulare proporzionale a quello del volume, quindi, una cellula troppo grande rischierebbe di morire per denutrizione o per uno smaltimento inefficiente dei prodotti di scarto. Le membrane di molte cellule sono ampiamente ripiegate per permettere un aumento della superficie di scambio senza un elevato incremento del volume interno (e quindi delle necessità). Le dimensioni della cellula variano da pochi micron ad alcune decine di micron. Tanto per farsi un'idea delle dimensioni e degli ordini di grandezza in cui ci stiamo muovendo facciamo alcuni brevi paragoni.

1 micron = 10-3 millimetri

cioè un millimetro diviso in mille parti. Un atomo, inteso come nuvola elettronica ha una dimensione di circa 10-4 micron, cioè una divisione ulteriore del nostro millimetro in altre diecimila parti. Se avessimo una cellula di spessore uguale ad 1 micron, quindi molto piccola rispetto alle misure cellulari comuni, e potessimo rilevarne gli atomi, li vedremmo disposti all'incirca su diecimila strati ! E noi, o almeno la materia che ci compone, siamo senza alcun dubbio fatti così: ovviamente ad un livello molto più complesso, dinamico ed organizzato. Ottimo spunto per una "meditazione". Gli organismi multicellulari risultano quindi costituiti da numerose cellule originatesi da continue divisioni partite da una singola cellula di origine. In un individuo multicellulare tutte le cellule devono compiere le ordinarie operazioni di mantenimento ed inoltre ogni cellula possiede delle diverse competenze che apportano speciali contributi al corpo, ad esempio le cellule muscolari sono specializzate nella contrazione, le cellule nervose sono particolarmente efficienti nella produzione e nella ricezione di segnali chimici ed elettrici, in tal modo si viene a formare una specializzazione delle attività che stanno alla base della formazione di tessuti e organi differenti. Vediamo adesso di descrivere brevemente la struttura di una cellula e capire le funzioni dei suoi componenti. Le cellule posseggono tre porzioni principali:

  • Membrana plasmatica o membrana cellulare: riveste l'esterno della cellula e funziona come un filtro controllando tutto ciò che entra e che esce dalla cellula, come vedremo in seguito non è un semplice filtro passivo ma possiede la capacità di regolare attivamente il passaggio di metaboliti sia in entrata che in uscita.

     

  • Citoplasma: costituito da acqua, sali, molecole organiche ed enzimi metabolici. Il citoplasma accoglie poi particolari componenti chiamati organuli all'interno dei quali si svolgono specializzate operazioni metaboliche: sono molto numerosi e rappresentano degli elementi fondamentali per il metabolismo cellulare. Tra gli organuli particolare rilevanza hanno:

    • Ribosomi: sono il luogo in cui avviene la sintesi delle proteine, questi organuli eseguono in prima persona le direttive contenute nel nucleo.

    • Mitocondri: sono le centrali energetiche della cellula, all'interno dei quali si svolgono i processi di respirazione: impiegando l'ossigeno degradano molecole organiche per trarne energia.

     

  • Nucleo cellulare: al suo interno si trova il materiale genetico della cellula, DNA, RNA. Il materiale genetico contiene tutte le istruzioni necessarie per la sintesi delle proteine e di conseguenza il materiale genetico risulta essere la fonte di tutte le informazioni necessarie alla cellula per guidare le proprie attività vitali.

 
La Respirazione Cellulare
 

Ogni organismo, una cellula batterica, una pianta, un pesce, l’uomo,… esiste per crescere e per fabbricare una copia di se stesso: un’unità autoduplicantesi. Ma una cellula ha bisogno di energia se deve solo crescere? Se non si muove, non pompa sangue, non solleva pesi,... non compie azioni che vengono comunemente considerate “lavoro”, meccanico o termico che sia. Una cellula che vive ha bisogno di energia per garantire, dal disordine del mezzo in cui si trova, un ordine chimico, cioè la sua struttura complessa ed altamente organizzata, in altre parole il suo metabolismo basale. Per fare ciò deve disporre di un serbatoio di energia. Nel corso dell’evoluzione gli organismi hanno sviluppato un’ampia varietà di metabolismi energetici con lo scopo di costituire riserve di energia sottoforma di adenosintrifosfato o ATP. Uno dei sistemi più efficaci per ottenere energia è la respirazione aerobica; è un processo esotermico (esoergonico) che consiste nella demolizione di sostanze organiche complesse come gli zuccheri. Esso è suddiviso in numerose reazioni parziali, rette ciascuna da almeno un enzima.

Reazioni esoergoniche ed endoergoniche: Le reazioni che avvengono all'interno degli organismi sono divise in endoergoniche ed esoergoniche in base alle variazioni di energia tra i reagenti e i prodotti della reazione.

Vengono chiamate esoergoniche quelle reazioni in cui il contenuto di energia dei prodotti è diminuito rispetto a quello dei reagenti: si è avuta quindi una liberazione di energia verso l'esterno. Un esempio di reazione esoergonica può essere quello della demolizione del glucosio, ma più in generale ogni reazione del catabolismo. In questo caso i reagenti hanno un contenuto energetico superiore a quello dei prodotti: l'energia mancante è stata liberata nell'ambiente.

Vengono chiamate endoergoniche quelle reazioni in cui il contenuto di energia dei prodotti è aumentato rispetto a quello dei reagenti: si è avuta quindi un assorbimento di energia dell'esterno. Un esempio di reazione endoergonica può essere quello della sintesi del glucosio, ma più in generale ogni reazione dell'anabolismo. Si osserva che il contenuto energetico dei prodotti è superiore a quello dei reagenti: c'è stato un assorbimento di energia.

Metabolismo = Anabolismo + Catabolismo

Siamo ora in possesso di tutte le informazioni elementari di base per cercare di comprendere il processo della respirazione oltre il "semplice" inspirare ed espirare; possiamo quindi cercare di capire anche il perché abbiamo necessità di respirare. Con il termine respirazione solitamente si intende il processo fisiologico macroscopico che consiste nella assunzione di O2 e nel rilascio di CO2 da parte di organismi multicellulari. In biochimica si usa il termine respirazione in senso microscopico per riferirsi ai processi molecolari che implicano consumo di O2 e formazione di CO2 da parte della cellula.

La respirazione cellulare avviene in tre stadi principali.

  • 1) Nel primo stadio le molecole organiche combustibili (glucosio, acidi grassi, alcuni amminoacidi) vengono trasformate in acetil-coenzima A (acetil-CoA). In pratica queste molecole vengono spezzate in frammenti di due atomi di carbonio e ossidate per formare molecole di acido acetico che troviamo legate come tioesteri, molecole particolarmente importanti per il metabolismo, nell’acetil-CoA. La degradazione del glucosio fino ad acetil-CoA avviene attraverso la glicolisi e la decarbossilazione ossidativa. La glicolisi è una catena di reazioni che avvengono nel citoplasma dove il glucosio è degradato ed ossidato ad acido piruvico. L'acido piruvico è un alfa-chetoacido di formula CH3-CO-COOH. È un acido di forza medio-alta ed a temperatura ambiente si presenta come un liquido giallastro dall'odore pungente. Nella cellula ricopre un ruolo di grandissima importanza in quanto è un metabolita centrale e di collegamento tra le vie riguardanti i carboidrati, i grassi, e gli amminoacidi. L’acido piruvico, poi, entra nei mitocondri dove subisce una decarbossilazione ossidativa formando acetil-CoA.

 

  • 2) Nel secondo stadio l’acetil-CoA viene ossidato a CO2 attraverso il ciclo di Krebs, una serie di reazioni che avviene nei mitocondri e che libera equivalenti riducenti sotto forma di ioni idruro legati ai coenzimi ridotti NADH e FADH2. L’ossidazione del glucosio fino a CO2 è compiuta.

 

  • 3) Nel terzo stadio entra in azione l’ossidante finale, l’ossigeno molecolare O2 che ossida tutti i coenzimi ridotti formati nei primi due stadi: 10 NADH e 2 FADH2. Questi vengono ossidati a NAD+ e FAD che possono così continuare a sostenere le reazioni di ossidazione del glucosio fino a CO2 nei primi due stadi. NADH e FADH2 cedono i loro elettroni, attraverso una catena di molecole trasportatrici di elettroni, la catena respiratoria, all’ossigeno molecolare O2 che viene ridotto ad H2O. Durante questo processo si genera un flusso di elettroni e una parte dell’energia liberata viene recuperata come energia chimica sotto forma di ATP in un processo chiamato fosforilazione ossidativa. E’ proprio la produzione di ATP lo scopo fondamentale della respirazione cellulare. L'energia per la sintesi di ATP è fornita dal passaggio degli elettroni nella catena respiratoria. Questi, scorrendo in alcuni complessi, provocano un passaggio di ioni H+ dalla matrice allo spazio intermembrana. Sono stati proposti vari meccanismi per questo spostamento di protoni, l'ipotesi più accettata è quella delle pompe protoniche secondo la quale il trasporto di elettroni nella catena provoca variazioni conformazionali nelle proteine dei complessi e variazioni di pKa nelle catene laterali di particolari amminoacidi. Questi amminoacidi si protonano quando sono esposti al lato matrice della membrana, poi si spostano fino a trovarsi affacciati allo spazio intermembrana in seguito ad una modifica conformazionale della proteina e qui liberano ioni H+ in seguito alla contemporanea variazione di pKa. Una pompa protonica ben conosciuta è la batteriorodopsina che ottiene l'energia per spostare protoni dall'assorbimento della luce.

NAD è la sigla di una macromolecola organica il cui ruolo biologico consiste nel trasferire gli elettroni, quindi nel permettere le ossido-riduzioni; come sempre avviene in biologia, essa svolge il suo importante ruolo tramite lo spostamento di atomi di idrogeno. Il NAD, così come tutte le altre sostanze trasportatrici di elettroni, non viene né prodotto né consumato nelle cellule: queste utilizzano dunque, effettivamente, sempre le stesse molecole trasferitrici, che di volta in volta si ossidano o riducono. Perciò ogni cellula ha bisogno di ritrasformare il NAD ridotto (NADH) tramite la glicolisi o altre reazioni chimiche in NAD ossidato (NAD+) per poter fare in modo che le prime avvengano ancora; ciò avviene in modo diverso in ogni cellula.

FAD, altra tipologia di macromolecola organica, è un importante fattore ossidante del ciclo di Krebs ed interviene nel trasporto degli elettroni nel processo biochimico chiamato catena di trasporto degli elettroni. Durante il ciclo di Krebs, il FAD acquisisce due atomi di idrogeno, che si legano agli atomi di azoto con doppi legami negli anelli aromatici della riboflavina diventando FADH2. Il FAD, avendo la funzione di trasportare elettroni, interviene in numerose reazioni biochimiche, quali:

  • catena di trasporto degli elettroni

  • ossidazione degli acidi grassi

  • altri processi biochimici

L'Adenosintrifosfato o ATP è uno dei reagenti necessari per la sintesi dell' RNA, ma soprattutto è il collegamento chimico fra catabolismo e metabolismo e costituisce la "moneta corrente" energetica. Esso viene idrolizzato ad ADP (adenosindifosfato), che viene riconvertito in ATP mediante vari processi. L'ATP è il composto ad alta energia richiesto dalla stragrande maggioranza delle reazioni metaboliche endoergoniche (vengono chiamate endoergoniche quelle reazioni in cui il contenuto di energia dei prodotti è aumentato rispetto a quello dei reagenti: si è avuta quindi un assorbimento di energia dell'esterno). Dalla respirazione, in cui si libera energia, una parte molto piccola di essa (7,3 Kcal) viene immagazzinata nelle molecole di ATP. L'immagazzinamento vero e proprio avviene quando la fosfocreatina cede alla molecola di ADP un gruppo fosfato che appunto le mancava per divenire ATP. Mentre si uniscono gruppo fosfato e ADP, l'energia viene imprigionata nei nuovi legami chimici: adesso avremo finalmente la molecola di ATP. L'ATP dona energia mediante reazione di idrolisi, mediata dall'enzima ATPasi, che nella maggior parte dei casi coinvolge il trasferimento di un gruppo fosfato. L'energia che si libera viene subito utilizzata grazie agli enzimi che convogliano questa energia sulle reazioni che ne hanno bisogno.

Il primo gruppo di reazioni, di circa dieci tappe, è detto glicolisi (= scissione dello zucchero) e si svolge in assenza di ossigeno. Si tratta pertanto di un processo anaerobico (aerobiosi = vita in presenza di aria; anaerobiosi = vita senza aria) che va dal glucosio (C6H12O6) alla formazione di acido piruvico (CH3-COCOOH). L’acido piruvico, in tappe successive, viene demolito in CO2 e H2; infine l’idrogeno è ossidato dall’ossigeno atmosferico in H2O. Questo secondo gruppo di reazioni, noto come ciclo di Krebs, è un processo aerobico. La glicolisi comporta la liberazione di poca energia, mentre il ciclo di Krebs libera la maggior parte di energia contenuta inizialmente nello zucchero. Del totale una parte è degradata in calore, mentre la rimanente viene utilizzata per la formazione dell’adenosintrifosfato (ATP) per aggiunta di un radicale fosforico (P) all’adenosindifosfato (ADP). Dato che quest’ultimo processo (endoergonico) avviene soprattutto dall’energia ottenuta dal ciclo di Krebs, in presenza di ossigeno, viene detto “fosforilazione ossidativa”. La reazione globale è una ossidazione completa del glucosio ad opera di O2 che forma CO2, H2O ed energia come una normale combustione. Solo una parte dell’energia liberata viene trasformata in energia chimica sotto forma di ATP. In totale si ottengono 38 ATP per ogni molecola di glucosio.

C6H12O6 + 6 O2 + 38 ADP ---> 6 CO2 + 6 H2O + 38 ATP

Si ottengono quindi 38 · 7,3 = 277 Kcal/mole. Questo rappresenta un’efficienza del 40%, infatti la variazione di energia libera per questa reazione è:

ΔG° = -686 Kcal/mole

e il 40% di 686 è 277.

La reazione esotermica riassume la demolizione dello zucchero che avviene attraverso la glicolisi anaerobica e il ciclo di Krebs. L’energia liberata viene immagazzinata attraverso la reazione endotermica di formazione di ATP a partire dall’ ADP. Una mole di zucchero (960 grammi di glucosio) racchiude un’energia pari a 680 kcal (tanto calore quanto necessario per aumentare di oltre 50 °C la temperatura di 10 litri d’acqua); questa quantità di calore è quella che si otterrebbe bruciando alla fiamma quasi 1 kg di zucchero. Mediante il processo metabolico sopra esaminato, da una mole di zucchero si ottengono 38 moli di ATP racchiudenti, sottoforma di legame chimico, circa 288 kcal. Il rendimento di questa “macchina termica” è il modesto valore di circa il 40 %. Ciò significa che più della metà dell’energia liberata dalla demolizione dello zucchero viene “persa” sottoforma di calore. Si è calcolato però che nella cellula l’efficienza reale è circa del 70%, tenendo conto che le concentrazioni vere sono molto inferiori alle concentrazioni standard 1 M.

La respirazione aerobica è tipica della maggior parte degli organismi e che, per tale motivo vengono detti aerobi, in quanto la demolizione dello zucchero per ottenere energia è una sorta di “combustione” che avviene in presenza di ossigeno.

 

Perché dopo un intenso lavoro i muscoli sono indolenziti e si prova dolore? I muscoli sono costituiti da cellule specializzate nel produrre movimento (lavoro). Per fare ciò consumano energia, quella che si ottiene dalla riserva energetica adenosintrifosfato (ATP). La scissione ATP = ADP + P + E avviene velocemente; quindi si ottiene immediatamente tutta l’energia necessaria per compiere il lavoro. D’altra parte le cellule muscolari producono ATP dalla demolizione dello zucchero in modo continuo, anche quando lavorano poco o nulla; in tal modo la riserva energetica è abbondante nel momento del bisogno. Ma se il lavoro è intenso e prolungato può succedere che venga esaurita la riserva di ATP. Subentra la stanchezza, ma diversamente dal motore che cessa di funzionare per mancanza di benzina, seppure a ritmi più blandi, le cellule muscolari continuano invece a funzionare. Come è possibile? Sarebbe un errore pensare che lo zucchero venga velocemente demolito per ottenere nuova energia e quindi nuovo ATP, in quanto, come sopra visto, si tratta di un processo complesso e quindi relativamente lungo, comunque non sufficientemente veloce da mantenere il ritmo della richiesta energetica. Succede allora che lo zucchero subisce il processo di glicolisi anaerobica, relativamente breve e capace di fornire un po’ di energia, quella sufficiente a tamponare il deficit dovuto allo sforzo eccessivo (la produzione dovuta al complesso ciclo di Krebs non riesce a sostenere la richiesta di energia). La conseguenza è un accentuato accumulo di acido piruvico che le cellule tollerano molto poco; esso viene pertanto provvisoriamente trasformato in acido lattico, responsabile del dolore muscolare. Successivamente, in condizioni di riposo, l’acido lattico viene trasformato nuovamente in acido piruvico che viene, a sua volta, utilizzato nel ciclo di Krebs per essere definitivamente demolito con ricostituzione della riserva di ATP. Man mano l’acido lattico viene consumato e il dolore muscolare svanisce.

 
Considerazioni finali
 

Con l'ossidazione completa di una molecola di glucosio per formare CO2 e H2O, la respirazione cellulare produce ben 38 molecole di ATP (oppure 36 ATP nelle cellule dove è meno efficiente il sistema di trasporto dei due NADH prodotti dalla glicolisi dal citoplasma ai mitocondri). La glicolisi anaerobica, o fermentazione omolattica, produce solo 2 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio degradata e quindi è circa 20 volte meno efficiente della respirazione cellulare, ma è circa 200 volte più veloce, essendo un processo molto più semplice. La glicolisi anaerobica, quindi, produce una quantità circa 10 volte maggiore di ATP nell’unità di tempo. Per questo il muscolo scheletrico sotto sforzo intenso lavora in condizioni anaerobiche, in questo modo sviluppa più potenza, ma al prezzo di consumare più glucosio e soprattutto di accumulare acido lattico. Dopo uno sforzo violento il muscolo deve riposare per eliminare l’acido lattico prodotto. Questo, col flusso sanguigno, va nel fegato per essere trasformato ancora in glucosio.

 
Conclusioni
 

É fin troppo chiaro che tutta la parte riguardante la respirazione cellulare risulta largamente incompleta e lacunosa dal punto di vista strettamente biochimico e al contempo al limite dell'incomprensibilità per persone non troppo affini con la scienza in oggetto o altre ad essa correlate. D'altra parte, cercando di riportare il discorso sull'argomento yoga, credo che non ci fosse troppa scelta: la respirazione ed i processi ad essa inerenti sono piuttosto complessi dal punto di vista chimico-molecolare. Credo che per chi pratica la disciplina dello yoga non sia strettamente necessario padroneggiare queste nozioni in modo eccessivamente specialistico ed una volta che se ne ha una visione generale è più che sufficiente. Piuttosto stupisce sempre notare il modo i cui il Divino Architetto concepisce le sue opere ed anche qualora si riesca a carpirne in parte i segreti rimangono sempre affascinanti le domande riguardo allo scopo di tutte queste mortali e transitorie meraviglie. Per quanto ci riguarda, come esseri viventi, respirare è una necessità e finché la nube gassosa che avvolge il nostro pianeta continuerà ad essere costituita in larga parte di azoto mescolato con una percentuale di ossigeno di poco superiore al 20 percento le nostre cellule, finché avremo vita, continueranno a richiedere molecole di ossigeno per "bruciare" glucosio allo scopo di immagazzinare energia nei nostri muscoli sotto forma di adenosintrifosfato o ATP. Che noi siamo o meno consapevoli di questo e qualora fossimo anche in buona forma, ogni volta che vorremo farci una corsetta ne attingeremo una parte ed il nostro fisico si occuperà poi automaticamente del ripristino energetico, al prezzo di un pò di fiatone, una mangiatina ed al limite un bel sonnellino; qualche dolorino muscolare i giorni successivi sarà appannaggio solo di coloro che sono veramente atletici e riescono a fare sforzi prolungati; dovranno solo attendere che l'eccessivo acido lattico prodotto venga nuovamente trasformato in acido piruvico per rientrare nel ciclo di Krebs ...e così via per produrre ancora nuova energia. É chiaro che senza energia la nostra vita materiale si fermerebbe immediatamente; se anche si decidesse di non muovere più nemmeno un dito, azione che implica un seppur minimo dispendio energetico, il cuore continuerebbe a pompare liquido sanguigno ad una pressione di 100-140 mm.Hg (praticamente il getto di una fontanella che, posizionata a terra, lancerebbe il liquido tra il metro ed il metro e mezzo di altezza!) e tutti gli altri organi interni a loro volta richiederebbero, per mantenerci in vita, la loro fetta di energia per far funzionare quel meraviglioso laboratorio chimico che è il corpo umano. E poi molecole che cedono i loro elettroni i quali vengono convogliati in flussi guidati da catene trasportatrici, spostamenti di protoni...tutto questo avviene costantemente dentro di noi, tutto questo fa parte di noi. Che ne siamo consapevoli o meno queste "reazioni nucleari" avvengono comunque, neanche fossimo un acceleratore di particelle. A questo proposito un Maestro Buddhista Birmano, Webu Sayadaw (1896-1977), dice in un suo aforisma:

Dopo un po' di tempo, quando la concentrazione diviene più stabile,
si arriva a comprendere, tramite l'osservazione di mente e materia,
che in ogni singola frazione di secondo milioni e milioni di cose
sorgono e si disintegrano, che questo processo continuerà a
riprodursi e che sta oltre la volontà di chicchessia, sia egli un
esso un essere umano, un deva o un Brahma.
Quando si comprende questo processo
di apparizione e disintegrazione delle cose,
senz'ombra di dubbio si raggiunge la saggezza suprema.

Energia è quindi la parola d'ordine sia che siamo Yogi delle montagne, che con i nostri prānāyāma cerchiamo di convogliare il prana (forma di energia) in alto per raggiungere alte vette spirituali, sia che siamo uomini di modo, che per far funzionare tutti i nostri macchinari venderemmo l'anima al diavolo pur di non rimanere senza combustibile. Energia, in definitiva la medesima "sostanza" citata da Babaji quando, al Kumbha Mela del gennaio 1894 tenutosi ad Allahabad, incaricò un ancor giovane Sri Yukteswar di portare il seguente messaggio al suo Guru Lahiri Mahasaya:

"Gurudeva, il divino Maestro mi ha incaricato di portarvi un messaggio:
Dì a Lahiri che la sua riserva di energia per questa vita sta diminuendo,
è quasi finita!"

Autobiografia di uno Yogi, Capitolo XXXVI

 

 

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