L'Astronomia | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L'astronomia, che etimologicamente significa "leggi delle stelle", è la scienza il cui oggetto è l'osservazione e la spiegazione degli eventi celesti. Studia le origini, l'evoluzione e le proprietà fisiche, chimiche e temporali degli oggetti che formano l'Universo e che possono essere osservati sulla sfera celeste. L'astronomia non va confusa con l'astrologia, così come la fisica non va confusa con lo yoga; l'astrologia sostiene infatti, al contrario dell'astronomia, che i fenomeni celesti abbiano un'influenza sugli eventi che accadono sulla Terra ed in particolare sull'uomo. Anche se si può dire che tutte queste discipline abbiano un'origine comune, esse sono totalmente differenti poiché, mentre astronomia e fisica sono scienze che adottano, per sostenere le teorie sulle quali poggiano, il metodo scientifico, astrologia e yoga adottano un sistema basato sulla soggettività e l'esperienza personale. Il metodo scientifico, noto anche come metodo sperimentale, si basa sul concetto di osservazione dei fenomeni e produce, come conseguenza diretta, le cosiddette leggi empiriche. I fondamenti di questo metodo sono i concetti di misura, di grandezza fisica e di incertezza: si prende in considerazione, cioè, solo ciò che è in qualche modo misurabile secondo criteri concordati come le unità e i metodi di misura, e il risultato di tale misura viene associato a ciò che è stato misurato. Ogni quantità è dunque specificata da una entità matematica, che è il risultato della misura, e dall'unità di misura scelta. É dunque un metodo oggettivo poiché chiunque, in base ai medesimi presupposti potrà trarne le medesime conclusioni. Le scienze che adottano metodi di osservazione basati sulla soggettività non sono in grado di produrre risultati numerici in quanto le conclusioni a cui portano sono registrabili solo dall'esperienza personale e sono comunicabili, al massimo, sotto forma filosofica. Essendo un metodo soggettivo è molto difficile che riesca a basarsi sui medesimi presupposti per qualsiasi osservatore, poiché entro la sfera della soggettività il campo di questi si allarga a dismisura, ma le conclusioni cui giungono tutti coloro che si avventurano lungo i percorsi tracciati da queste scienze "non scientifiche" sono tuttavia spesso simili nella sostanza. Praticamente si può che sono due modi diversi di usare la mente o, se si preferisce, si usano parti e facoltà differenti di essa per effettuare le indagini; in definitiva cos'è che, alla fine di una esperienza o di un esperimento, definisce quelle che sono le leggi che si sono osservate se non sempre e comunque la mente umana, sia essa quella dello scienziato o del mistico? Se applicati correttamente ed onestamente, entrambi questi metodi di analisi dei fenomeni naturali sono in grado di portare sviluppo nella conoscenza di essi ma ogni approccio sbagliato o disonesto ha la totale certezza di finire entro i confini della ciarlataneria. Si tenga anche presente che tutte le leggi, scientifiche e non, sono, per definizione sempre provvisorie, nel senso che sono considerate vere solo finché non vengono confutate, qualora cioè venga osservato il verificarsi di un fenomeno che esse predicono non possa mai accadere o se le loro predizioni sui fenomeni si dimostrano errate. O più semplicemente ancora, una nuova teoria permette di predire gli stessi fenomeni, ma con una accuratezza superiore. All'inizio della sua storia, l'astronomia si occupò unicamente dell'osservazione e della previsione dei movimenti degli oggetti celesti che potevano essere osservati ad occhio nudo dall'uomo. I primi astronomi erano rappresentati dai sacerdoti di uno specifico culto religioso, in grado di svolgere una funzione utile alla società, creando i primi calendari, indispensabili per l'organizzazione della vita sociale, agricola e pastorale. I Greci diedero importanti contributi all'astronomia, soprattutto attraverso Ipparco ed Eudosso; culminati con l'opera di Claudio Tolomeo. Durante il Medioevo, nel mondo occidentale l'astronomia faceva parte del corso ordinario di studi, nel cosiddetto quadrivio: si vedano, ad esempio, le notevoli conoscenze astronomiche che esprime un poeta come Dante, nella Divina Commedia ed anche presso gli Arabi se ne proseguì lo studio. Durante il Rinascimento, Nicolò Copernico realizzò l'importante lavoro di un sistema eliocentrico ed anche se non fu il primo a proporre l'ipotesi di un sistema con al centro il Sole, fu di certo il primo ad argomentarne in maniera scientifica la teoria. Il suo lavoro fu difeso, sviluppato e corretto da Galileo Galilei e Keplero. Quest'ultimo fu il primo astronomo a fornire leggi che descrivessero correttamente i dettagli del movimento dei pianeti intorno al Sole, anche se non riuscì a definire le leggi fisiche delle sue scoperte, la cui comprensione fu in seguito merito di Newton che elaborò i principi della meccanica celeste e la legge di gravitazione universale, che eliminava del tutto la distinzione tra i fenomeni terrestri e celesti. Solo molto dopo si scoprì che le stelle sono oggetti molto lontani, e, con l'avvento della spettroscopia fu provato che esse erano sì, simili al Sole, ma differenti quanto a massa, temperatura e dimensioni. Con l'avvento della spettroscopia fu infatti possibile studiare la natura fisica degli astri, che portò all'astrofisica, ovvero alla fisica applicata allo studio dei corpi celesti. L'esistenza della nostra galassia, la Via Lattea, e la comprensione che essa fosse un ammasso isolato di stelle rispetto al resto dell'Universo, fu provata solamente nel ventesimo secolo, assieme alla scoperta dell'esistenza di altre galassie. Molto presto, grazie all'utilizzo della spettroscopia, ci si accorse infatti che molti oggetti presentavano spettri spostati verso il rosso rispetto a quanto ci si attendeva. Questo era spiegabile solo con l'effetto Doppler, che fu interpretato come una differenza di moto negativa, ovvero di allontanamento rispetto al nostro pianeta. Venne formulata allora la teoria dell'espansione dell'Universo, la cosmologia, che è una disciplina con larghi settori in comune con l'astronomia e che sta facendo enormi passi in avanti nel nostro secolo, con il modello del Big Bang, supportato da prove sperimentali fornite dall'astronomia e dalla fisica, come l'esistenza e le proprietà della radiazione cosmica di fondo, la Legge di Hubble e lo studio dell'abbondanza cosmologica degli elementi chimici. |
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Il Sistema Solare e La Terra | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il Sistema Solare è la periferia prossima, nell'infinito Universo, del luogo che è dato alla comunità umana come dimora. É un sistema planetario costituito dai vari corpi celesti che ne fanno parte mantenuti in orbita dalla forza di gravità attorno ad una stella, il Sole, che ne costituisce la quasi totalità della massa ed il punto centrale attorno a cui tutto il resto ruota secondo leggi ben precise. Le conoscenze attuali lo stimano come costituito da otto pianeti e dalle loro 165 lune complessive, da quattro pianeti nani e dalle loro quattro lune, da qualche centinaia di migliaia di asteroidi, da un numero imprecisato, ma sicuramente enorme, di comete e da miliardi di corpi minori. La Terra è il sopra citato luogo dato alla comunità umana come dimora e non è immobile, come può apparire ad un osservatore situato su di essa, ma ha tutta una serie di suoi movimenti propri: in particolare compie una rotazione su sé stessa, da ovest verso est, attorno all'asse che unisce il Polo Nord al Polo Sud in 23 ore, 56 minuti e 4,091 secondi. Tale spazio temporale, approssimato per eccesso, è stato assunto come unità di misura per definire il tempo ed è stato chiamato giorno. In ragione di questo chi vive sulla Terra ed ha come punto di osservazione la medesima nota che il sole e tutte le stelle sorgono a est e tramontano a ovest; tale movimento nel cielo ha luogo ad una velocità radiale di circa 15°/h o 15'/min. Oltre a questo movimento su sé stessa la Terra ruota anche attorno al Sole, ad una distanza media di 150.000.000 km in un anno siderale. La sua velocità di orbita è di circa 30 km/s (108.000 km/h), veloce abbastanza da coprire il diametro del pianeta (circa 12.600 km) in 7 minuti, e la distanza dalla Luna (384.000 km) in 4 ore. Ha un solo satellite naturale, la Luna, che le gira attorno in 27,32 giorni, e, visti guardando in basso dal Polo Nord terrestre, tutti questi movimenti si svolgono in senso antiorario. I piani dei movimenti, le orbite, non sono precisamente allineati: l'asse della Terra è inclinato di 23,5 gradi rispetto alla perpendicolare del piano Terra-Sole, e il piano Terra-Luna è inclinato di cinque gradi, cosa che impedisce il verificarsi di due eclissi, una solare ed una lunare, ogni mese, rendendole invece un evento abbastanza raro. Sempre a causa dell'inclinazione dell'asse terrestre, che rimane parallelo durante il moto di rivoluzione attorno al sole, posizione di quest'ultimo nel cielo e l'incidenza delle sue radiazioni variano nel corso dell'anno. Ad esempio, un osservatore posto ad una latitudine settentrionale rispetto all'equatore, quando il polo nord è inclinato verso il sole, noterà dei periodi di luce giornaliera più lunghi ed un clima più temperato, mentre disporrà di meno ore di luce e di un clima più rigido nel caso opposto. Al di sopra dei due circoli polari si raggiunge il caso estremo di alternanza di lunghi periodi di assenza di luce, le notti polari, a periodi di non tramonto del Sole. Questa relazione tra il clima e l'inclinazione dell'asse terrestre viene chiaramente percepita tramite il fenomeno delle stagioni. Esse, dal punto di vista astronomico, sono determinate dai solstizi, i punti di massima inclinazione verso e contro il Sole, e dagli equinozi, i punti in cui l'inclinazione è perpendicolare alla direzione del Sole. Il solstizio invernale cade il 21 dicembre e quello estivo il 21 giugno mentre i due equinozi cadono, quello primaverile il 20 marzo e quello autunnale il 23 settembre. L'alternanza delle stagioni è opposta da un emisfero terrestre all'altro, data l'opposta inclinazione dell'asse, comportando ad esempio, la concomitante presenza in quello nord dell'estate ed in quello sud dell'inverno. L'angolo di inclinazione è relativamente stabile se considerato su lunghi periodi, tuttavia esso compie un lento e irregolare moto, conosciuto come nutazione, con un periodo di 18,6 anni. L'orientazione dell'asse varia secondo una precessione intorno ad un cerchio completo in un ciclo stimato in poco più di 25.800 anni. La presenza di una precessione è la causa dello sfasamento tra un anno siderale ed un anno tropico.
Entrambe le variazioni del movimento dell'asse derivano dalla mutevole attrazione del Sole e della Luna sulla parte equatoriale del pianeta. Anche la velocità di rotazione della Terra non è propriamente costante, ma varia nel tempo secondo un fenomeno noto come "variazione della lunghezza del giorno". Ai nostri tempi il perielio cade il 3 gennaio, mentre l'afelio circa il 4 luglio mentre per quanto riguarda altre ere occorre fare riferimento a specifiche tabelle in cui tali precessioni e cicli sono stati appositamente calcolati.
La Terra è quindi soggetta a vari tipi di movimenti che sono tutta una serie di moti simultanei che incidono visibilmente su diversi aspetti di natura astronomica e climatica sulla vita del pianeta e possono essere raggruppati secondo un ordine che prevede moti principali, moti millenari e moti galattici.
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La Luna e sua influenza | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La Luna è l'unico satellite naturale della Terra,
è relativamente grande ed abbastanza simile ad altri pianeti
rocciosi del sistema solare, con un diametro pari ad un quarto di
quello terrestre e una massa molto inferiore, pari ad 1/81.
L'attrazione gravitazionale della Luna causa la maggior parte delle
maree terrestri, la stessa azione che porta ad un lento
rallentamento della rotazione della Terra su sé stessa, dell'ordine
di un'ora ogni parecchie centinaia di milioni di anni; più
precisamente, la lunghezza del giorno terrestre aumenta di 0,0016
secondi ogni secolo. La Terra ha avuto lo stesso effetto ritardante
sulla rotazione della Luna su sé stessa, ma il processo è stato
molto più rapido a causa della piccola massa di quest'ultima, tanto
che adesso ha un giorno perfettamente uguale al periodo di rotazione
attorno alla Terra, presentando quindi sempre lo stesso lato verso
il nostro pianeta. La faccia della Luna rivolta in direzione opposta
alla Terra si chiama propriamente faccia lontana o faccia oscura, il
cui significato è qui inteso come sconosciuto e nascosto; si
riferisce anche al black out delle comunicazioni radio, che avviene
quando una sonda spaziale si muove dietro la faccia lontana. Questa
interruzione delle comunicazioni è causata dalla massa della Luna
che blocca i segnali radio. Il termine "faccia oscura" è spesso
erroneamente interpretato come una mancanza di radiazioni solari, ma
il Sole illumina tanto la faccia lontana come quella rivolta verso
di noi; l'effetto che si registra dipende solo dal nostro punto di
vista forzosamente situato sulla Terra. La maggior parte della
faccia oscura della luna non può quindi essere vista da un
osservatore posto sul nostro pianeta, perché la rivoluzione della
luna attorno alla terra e la rotazione attorno al suo asse hanno lo
stesso periodo. Una piccola porzione può però essere vista grazie
alla librazione, un effetto di forze che rende irregolare il moto di
rotazione della Luna. Nel complesso dalla terra è visibile
complessivamente, nell' arco di tempo appropriato, circa il 59%
della superficie lunare. A causa dell'iterazione tra i due campi
gravitazionali, inoltre, la Luna si allontana di circa 38 mm ogni
anno. L'insieme di queste piccole modifiche, rapportate su tempi
geologici di milioni di anni, è causa di importanti cambiamenti;
infatti basta pensare che durante il Devoniano, circa 410 milioni di
anni fa, vi erano, per esempio, 400 giorni in un anno terrestre
della durata di circa 21,8 ore l'uno |
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Una piccola illusione | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Poiché la Terra è molto grande rispetto alle dimensioni degli abitanti che la popolano, osservandola dalla superficie non è immediatamente evidente che abbia forma geoidale, cioè di una sfera leggermente appiattita ai poli e con un lieve rigonfiamento all'equatore. Per questa ragione le antiche civiltà, come quella mesopotamica, ed i primi filosofi greci, come Talete, ritennero che la Terra fosse piatta. Un primo passo verso il riconoscimento della forma reale fu compiuto da Anassimandro, che concepì la terra come un cilindro sospeso nello spazio, immaginando quindi di avere cielo non solo sopra la propria testa ma anche al di sotto dei propri piedi. La forma sferica fu infine riconosciuta sulla base di deduzioni basate su osservazioni, quali il variare delle osservazioni astronomiche con la latitudine, l'osservazione delle eclissi di luna e il confronto con la forma della luna e del sole. I Greci, circa 2500 anni fa, cominciarono per primi a sostenere che la terra fosse una sfera. Le prime testimonianze della sfericità terrestre ci arrivano da Pitagora (VI-V secolo a.C.) e da Parmenide (V secolo a.C.); poi Aristotele (384 a.C.-322 a.C.) portò le prime dimostrazioni ed infine Eratostene (274 a.C.-196 a.C.) fece le prime misurazioni. Gli studiosi del Basso Medio Evo, poi, come Guglielmo di Conches, Giovanni di Sacrobosco, Ruggero Bacone, Tommaso d'Aquino, Brunetto Latini, Dante Alighieri, Giovanni Buridano ed altri sostennero la sfericità del nostro pianeta con argomenti, per lo più di questo genere:
In varie epoche venne quindi ritenuto che la Terra fosse piatta, delimitata dalle acque dell'oceano, e fosse al centro dell'universo. L'errata supposizione della piattezza della Terra era dovuta alla mancata conoscenza della natura centrale della forza di gravità, che permette di avere il cielo sempre come alto e il centro della Terra sempre come basso e quindi superare l'apparente paradosso che si dovesse camminare con la testa rivolta verso il "basso" dall'altra parte della Terra, paradosso che però già Anassimandro, circa 600 anni prima di Cristo, aveva saputo superare. Si ritenne però molto più a lungo che la Terra fosse al centro dell'universo perché, avendo la stessa come unico punto di osservazione, si ha l'impressione che siano tutti gli altri corpi celesti a girare intorno ad essa; inoltre osservando il cielo di notte si ha l'impressione che sia una volta incurvata sulla Terra, illusione dovuta all'immensità dello spazio. Anche se la teoria eliocentrica fu proposta per primo da Aristarco di Samo nel III secolo a.C., la teoria geocentrica, anche a causa della precisione di misurazione astronomica necessaria a confutarla, fu quella dominante fino alla fine del Medioevo. Nota: Pare che ancora oggi non manchino tuttavia sostenitori della forma piatta della Terra, molti dei quali aderiscono alla Flat Earth Society (Società della Terra Piatta). Come ben sanno coloro che praticano lo Yoga, Maya, l'illusione cosmica è un nemico molto arcigno da vincere! |
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Il sistema astronomico degli Yuga | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Nella Creazione tutto è mutamento, movimento e, scendendo un poco più in profondità, vibrazione. La vibrazione implica il concetto di frequenza, salire e scendere, andare e tornare, ruotare intorno a qualcosa. Riferendoci in maniera un po' più consona alla facoltà sensoria degli esseri umani potremmo tentare l'analogia tra frequenza e ritmo; la classificazione del ritmo tra armonico e disarmonico è facilmente intuibile e lo diventa ancor di più qualora si ascoltasse una dolce melodia piuttosto che un'accozzaglia rumorosa di note messe in disordine. La caratteristica scenica inconfutabile dei fenomeni che avvengono nell'universo è il loro incessante movimento; ogni cosa creata è costantemente in movimento, in un modo o nell'altro. In sanscrito un sinonimo della parola universo è "Jagat" che significa andare, muovere, dare una corretta descrizione della realtà. La terra compie una rotazione completa attorno al proprio asse dando origine al fenomeno del giorno e della notte ed allo stesso tempo compie un'altra traiettoria, questa volta di rivoluzione attorno al sole dando origine al variare delle stagioni. In ciclo con questi due movimenti la luna gira attorno alla terra dando origine ai mesi lunari, divisibili, dal punto di vista della terra, in due periodi di quattordici giorni, uno luminoso ed uno buio. L'astrologia induista concepisce un'ulteriore movimento, questa volta del sistema solare nel suo complesso attorno a quello che è detto essere il "grande centro" della forza creativa universale; questo fulcro di movimento è chiamato Vishnu Nabhi, l'ombelico di Vishnu, divinità considerata come protettrice della creazione, e quest'ultimo movimento dà origine al manifestarsi degli Yuga. Gli Yuga sono parte di una concezione induista strettamente connessa con vari pensieri culturali, credi religiosi e relative pratiche; sono costituiti da tempi lunghissimi misurabili in migliaia e migliaia di anni. Tornando ai movimenti della terra, nel suo movimento di rivoluzione attorno al sole, il suo asse rimane inclinato secondo un angolo medio di circa 66°30' rispetto al piano dell'orbita e si muove in modo che, al cambiare della posizione relativa del suo asse rispetto al sole, questo rimanga sempre parallelo alla sua direzione, cioè con la stessa inclinazione. Questo comporta che, a seconda dei vari periodi dell'anno, quindi a seconda della posizione relativa della terra rispetto al sole, l'emisfero nord e quello sud si trovino alternativamente più vicini o lontani dal sole stesso, dando origine al mutare delle stagioni a causa della maggiore o minore perpendicolarità dell'incidenza dei raggi solari. La luna non ha un movimento rotatorio rispetto al proprio asse, o meglio, tale movimento rotatorio ha lo stesso periodo del movimento della luna attorno al nostro pianeta di modo che una faccia di essa risulti sempre rivolta verso la terra mentre l'altra le sarà sempre opposta. Anche a causa dell'inclinazione del piano di rotazione luna-terra rispetto a quello terra-sole di qualche grado, avviene il verificarsi delle varie fasi lunari, viste da un osservatore posto sulla terra. Considerando la luna ed il sole, fatto peculiare nello yoga, la dinamica complessiva di questi movimenti comporta il fatto che, alternativamente, la luna oscilli da un punto più vicino ad uno più lontano rispetto al sole. Il punto più vicino è quando essa si trova tra il sole e la terra, la fase di luna nuova, mentre quello più lontano è quando è la terra a trovarsi tra il sole e la luna, dando origine alla luna piena. Similarmente il sistema solare, nel suo movimento ciclico attorno al grande centro, oscilla da un punto più vicino ad un punto più lontano ad esso e data la sua caratteristica intrinseca, a seconda della vicinanza o lontananza da esso, questo centro di forza determina il manifestarsi nell'uomo di "Dharma", le virtù intrinseche ai differenti Yuga che hanno origine da questo movimento complessivo. Quando il sistema solare è alla massima distanza dal grande centro si dice che la terra attraversi il periodo del Kali Yuga, l'era oscura, mentre procedendo via via verso il punto più vicino verranno a manifestarsi il Dvapara Yuga, poi il Treta e quindi il più elevato, il Satya. Poi ciclicamente, finita la fase evolutiva, tutto ritorna verso il punto più lontano in perpetuo, fino a che le cose, così come sono, esisteranno. Secondo la concezione induista queste virtù sono quadruplici, vengono cioè a manifestarsi progressivamente quattro qualità intrinseche alla creazione e le facoltà dell'uomo diventano più o meno in grado di comprenderla nella sua interezza. Avremo quindi che nel Satya Yuga tutte e quattro queste virtù sono manifeste, scomparendo una ad una al mutare della fase degli Yuga, fino ad avere una sola virtù manifesta nel Kali Yuga. Swami Sri Yukteswar interpretò queste virtù in ordine crescente come materiali, elettriche, magnetiche e spirituali. In base a ciò chi si trovasse a vivere nel Satya Yuga avrebbe le potenzialità effettive di comprendere la creazione nella sua interezza avendo intrinsecamente queste quattro virtù sviluppate, poi nel Treta Yuga si viene a perdere la virtù della comprensione spirituale, nel Dvapara anche quella magnetica infine nel Kali Yuga la gran parte degli uomini riesce solo a cogliere gli aspetti più materiali dell'esistenza. Per questo motivo l'era di Kali è nota come l'era oscura. Và detto che le scritture induiste fanno riferimento alla sequenza degli yuga soltanto in ordine discendente, dal Satya progressivamente fino al Kali, mentre non c'è alcuna menzione dei cambiamenti secondo un ordine ascendente. Il credo generale è quello secondo il quale al termine del Kali Yuga verrà a verificarsi una terribile catastrofe dopo la quale si avrà direttamente l'alba del Satya Yuga. Ma questo quadruplice salto è contrario a qualsiasi evento osservabile in natura e come tale inconcepibile. |
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Struttura degli Yuga | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Yuga significa paio, in quanto secondo la concezione induista questi periodi si presentano progressivamente secondo coppie, ascendenti e discendenti, con le stesse caratteristiche intrinseche. Manu, un grande rishi (saggio illuminato) vissuto nel Satya Yuga, descrive più chiaramente queste Ere nel seguente passo tratto dal suo "Samhita":
Quindi secondo quanto affermato sopra ne deriverebbe una struttura composta come in tabella:
Questo ciclo di quattro fasi, che dura complessivamente 12.000 anni, viene chiamato Daiva Yuga o 'Età degli Dèi', mentre un doppio ciclo discendente ed ascendente, o Maha Yuga, cioè il tempo necessario affinché il sistema solare compia un intero giro attorno al grande centro e venga a trovarsi nello stesso punto rispetto alle stelle fisse, viene a durare 24.000 anni. Al fine di fornire una descrizione più dettagliata degli Yuga verrà riportato di seguito quanto scriveva Swami Sri Yuktesvar nel suo "La Scienza Sacra" nell'anno 1894, relativamente ad essi. Questi ritmi dell'Universo riguardano "strettamente" coloro che vivono sul pianeta terra in quanto, derivando da forze che sono in essere, hanno una importanza rilevante sui detti viventi, i quali, che se ne siano consapevoli o meno, sono soggetti a tali forze a tutti i livelli del proprio essere.
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Un'ipotesi azzardata | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Premetto che quella che seguirà è un'ipotesi
mia personale che non ha nessun riscontro filosofico né tanto
meno scientifico ed il cui intento, forse un poco forzoso, É
quello di cercare di trovare un punto in comune tra la teoria
delle antiche scritture induiste e le correnti concezioni
astronomiche. Partendo quindi dal presupposto della nota
precedente in cui si mostra che il periodo relativo alla
struttura degli yuga, della durata di circa 24.000 anni, e
quello relativo alla variazione di inclinazione dell'asse
terrestre, di circa 25.800, non coincidono, da una
attenta osservazione della struttura degli yuga si può notare come il concetto di
albe e tramonti, citato nelle antiche scritture, non sia ben specificato e nemmeno chiaro
come definizione. Infatti, così come è presentato,
essi vengono inclusi complessivamente due volte nel calcolo un intero Maha Yuga,
poiché ne vengono considerate due coppie per ogni Daiva Yuga. Quella
che segue, che è comunque solo una supposizione, è una
ipotesi che cerca di trovare una soluzione plausibile a
questa discordanza. Potrebbe valere la
pena di prenderla in considerazione poiché, dato per
scontato che questo movimento del sistema solare c'è ed
ha una sua durata ben definita poiché è un fenomeno
osservabile, è possibile
che anche le due ipotesi coincidano se interpretate
adeguatamente. Se si
considerassero infatti gli Yuga secondo la loro durata
complessiva, incluse cioè le loro albe e tramonti, e si
aggiungessero delle fasi di transizione, i sandhi, tra due Yuga
consecutivi, della stessa durata, specificata da Manu,
delle albe e dei tramonti dei rispettivi Yuga e solo nelle quantità
necessarie (togliendo cioè i 100 + 100 anni di
transizione del Kali Yuga che non hanno ragione di
esistere) avremmo:
Questa tesi potrebbe dunque essere spiegata con la tabella sottostante
Un'altra ipotesi potrebbe essere quella che, dato il tempo relativamente lungo in cui avviene un ciclo degli Yuga comparato con la brevità della vita di coloro che eseguono le misure, la velocità del movimento del sistema solare attorno al grande centro sia in progressiva diminuzione. Questo potrebbe spiegare sia l'esattezza delle deduzioni di Manu, eseguite diverse migliaia di anni fa, che la correttezza di quelle attuali, eseguite molto più di recente. Questa supposizione ha comunque altissime probabilità di non essere valida in quanto con una perdita di 1.800 anni ogni 24.000 comporterebbe l'arresto del fenomeno in pochi cicli. Restano comunque entrambe soltanto fantasiose ipotesi. |
Sri Yukteswar vs. i tradizionalisti | |||||||
Le concezioni radicate nelle tradizioni differiscono assolutamente dalle interpretazioni, pur basate sui testi di una letteratura religiosa tenuta comunque in grande considerazione come il Manu Smriti, che Sri Yukteswar fece riguardo agli Yuga ed alla loro struttura. Secondo i tradizionalisti infatti la durata di uno Yuga dovrebbe essere calcolata considerando i "Varsha" come anni di Daiva e siccome questi sono 360 volte più lunghi alla fine comporterebbe che il Kali Yuga, parimenti composto da 1200 di questi anni, verrebbe ad avere una durata di (1200 x 360) = 432.000 anni. Di conseguenza la durata degli altri Yuga, secondo uno schema che ricalca quello che è stato analizzato in precedenza, verrebbe ad avere una lunghezza temporale letteralmente astronomica. Swami Sri Yukteswar si oppose fermamente a questa visione delle cose è tentò di dimostrare che questa non era soltanto in antitesi alle scritture ma anche contro ogni pensiero logico ed ogni calcolo astronomico rilevabile da una osservazione oggettiva. I tradizionalisti non accettarono nemmeno alcuna tesi basata su una progressione crescente degli Yuga perchè non ve ne è nota in nessuna delle scritture antiche; queste prevedono infatti solo un curva calante che partendo dal Satya Yuga termina nel Kali Yuga. Late Ram Nath Shastri, un noto studioso di sanscrito, ammiratore e persona conosciuta da Sri Yukteswar, affermò che la tesi dello Swami era superba ma siccome nelle scritture non poteva essere trovato alcun riferimento a questo fatto i tradizionalisti non sarebbero potuti essere in alcun modo persuasi ad accettarla; e senza che questi fossero d'accordo la proposta non sarebbe stata accettata nemmeno dalla gente del popolo. Sri Yukteswar fu comunque molto fermo sulle sue posizioni ed era personalmente convinto che l'idea dei tradizionalisti fosse sbagliata e basata su errate interpretazioni dei testi antichi. Sosteneva infatti che i concetti errati si fossero insinuati nelle scritture a causa di sbagliate interpretazioni effettuate da uno dei primi commentatori del Mahabharata, di nome Kulluk Bhatta, che era un uomo dell'era oscura del Kali Yuga. Sri Yukteswar sottolineò inoltre un'altro fattore, seguito dai tradizionalisti, per rimarcare la correttezza della propria tesi. Essi sostengono infatti che ad oggi, supponendo di trovarci nell'anno cristiano 2008 d.C., il mondo stia passando attraverso 5108 anni del periodo di mutazione del Kali Yuga del suo totale di 36.000 anni e che questa fase abbia ancora davanti a sé più di trentamila anni
Ma nessuno dei tradizionalisti è in grado di determinare come si sia, ad oggi, arrivati al numero di anni in oggetto di 5108. Sri Yukteswar riuscì a dimostrare che per quanto riguarda il numero progressivo dell'anno esso fosse in realtà corretto ma non lo fossero i presupposti che lo determinano. A sostegno di questo suggerì l'idea che, in tempi molto antichi, i calendari fossero realmente basati sugli Yuga e gli anni conteggiati in base all'era di appartenenza così come i giorni della settimana traggono tuttora i loro nomi dai nomi dei vari pianeti e satelliti del sistema solare e i mesi del calendario induista prendono i loro nomi da alcune importanti costellazioni. Argomentò che gli anni del Satya furono correttamente conteggiati dall'1 al 4800, quelli del Treta pure dall'1 al 3600 e poi venne il turno del Dvapara che, una volta raggiunto il 2400 non fu fatto terminare, come si sarebbe invece dovuto, non dando luogo al nuovo conteggio di Kali 1, ecc.. Si continuò così con il conteggio cronologico del Dvapara, dal 2401, poi 2402, ecc.. Questo fu dovuto al fatto, egli sostenne, della decisione del Re Yudhishthira di abbandonare il trono e la vita nel mondo poiché l'avvento del Kali Yuga non era un periodo per lui adatto per viverci in quella veste ed andandosene si portò dietro fratelli, cortigiani e studiosi. In assenza di questi ultimi nessuno aveva più le conoscenze su come calcolare gli anni per cui l'inizio del Kali Yuga non fu registrato e si continuò il conteggio da dove si era arrivati a quel momento. Facendo due conti, come gia detto prima, il Dvapara Yuga terminò nell'anno 2400 per cui quello che avrebbe dovuto essere l'anno Kali 1 fu in registrato come l'anno 2401. Ogni fase del Kali Yuga, secondo la tesi di Sri Yukteswar, dura 1200 anni per cui all'anno 2400 dobbiamo aggiungere altri 2400 anni
cioè due cicli completi di Kali Yuga per arrivare alla conclusione del Kali Yuga ascendente che è terminato, per quanto ci riguarda, nell'anno 1700 d.C. del calendario cristiano. Quindi nell'anno che secondo i tradizionalisti era il 4800 noi eravamo nell'anno 1700 d.C. ; aggiungendo poi a 1700 i 308 anni che mancano ad arrivare ad oggi ci troviamo ad essere nel 2008 d.C.
ed aggiungendo gli stessi 308 a 4800 otteniamo
che è l'anno in cui, secondo i tradizionalisti ci troviamo oggi. Secondo la metodologia di Sri Yuketswar invece, ci troviamo oggi nell'anno 308 Dvapara (ascendente). Egli affermava anche che vi era un altro fenomeno astronomico, conosciuto come la precessione degli equinozi, che ha una stretta correlazione con la teoria degli Yuga. Si ha un equinozio quando il sole si trova esattamente sull'equatore determinando quindi la lunghezza di ore di luce uguale a quelle di buio. Il punto rispetto alle cosiddette stelle fise in cui questo avviene si chiama punto equinoziale. É stato osservato dagli astronomi, scientificamente, che gli equinozi non avvengono esattamente ogni anno allo stesso punto ma precedono di una frazione di grado angolare quello dell'anno precedente. Secondo il Surya Siddhanta, un antico trattato di astronomia indiano, la differenza di questa precessione è di 54" di grado ogni anno. In base a questo valore, per determinare il punto di un equinozio di nuovo allo steso punto occorre trasformare un giro completo di 360° in secondi, quindi
e dividerlo per il numero di secondi in oggetto, nel nostro caso 54, per avere il numero di anni in cui si compie un intero giro
Come si vede equivale esattamente al periodo di un Maha Yuga secondo gli antichi testi di Manu. Va tuttavia detto che la moderna astronomia non concorda su questo valore di 54" ma lo ha calcolato come di poco inferiore e precisamente di 50",23255814. Eseguendo di nuovo l'operazione avremo
che è il numero sul quale è stata fatta l'ipotesi precedentemente analizzata. I punti equinoziali sono un fattore osservabile oggettivamente e secondo principi scientifici; la determinazione della posizione presente è osservabile, calcolabile e verificabile a sostegno della correttezza delle tesi del Maestro, che la scienza moderna conferma con qualche approssimazione, rispetto a quella sostenuta dai tradizionalisti indiani. Si noti comunque che la posizione ufficiale attuale è e rimane quella dei tradizionalisti parimenti a come, per quanto riguarda il mondo occidentale, le organizzazioni religiose ufficiali abbiano accettato solo di recente le posizioni, di Galileo prima e degli astro-fisici poi, secondo le quali la terra non è piatta, non è al centro di un universo che le gira attorno, ecc.. Per quanto mi riguarda non sono nelle condizioni di poter esprimere nessun giudizio certo né riguardo ai movimenti dei pianeti, perché non sono un astronomo, né riguardo alla forma della terra perchè non sono mai stato nello spazio ed ho solo visto delle fotografie che dalla luna, dicono, siano state scattate a riprendere la terra. Tutto quello che mi sento di affermare è: "...eppur si muove"! |
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Gli Yuga e lo Yoga | |||||||
L'ipotetico lettore che si fosse preso la briga di leggere tutto quello che è stato scritto fino ad ora potrebbe sicuramente chiedersi che cosa c'entri tutta la parte sull'astronomia con lo yoga, che nell'immaginario comune è spesso visto come un serie di esercizi ginnici da fare in palestra o al massimo in mezzo ad un prato fiorito. Per quanto sia stata semplificata è una parte che richiede comprensibilmente un po' di tempo per essere assimilata e digerita in quanto nella vita di tutti i giorni ci si occupa sicuramente di più delle problematiche relative alla vita qui sul pianeta terra piuttosto che stare a pensare a dove ci si trova realmente rispetto all'universo in cui siamo immersi. Ma è lì che di fatto viviamo ed è per il delicato equilibrio di tutti quei fattori che ci è possibile essere confortevolmente vivi sulla nostra bella pallina di terra. Oltre al fatto che il portare la mente su una dimensione "astronomica" possa aiutare quest'ultima ad allargare un poco le sue vedute, tutta la parte trattata precedentemente è utile anche per potere poi vedere, e successivamente determinare, la filosofia che sta alla base della pratica del Kriya Yoga. Dopo un breve riepilogo di tutti i movimenti planetari che sono stati descritti nel capitolo precedente vedremo l'assunto per cui, secondo gli antichi rishi ed i maestri di yoga dell'India moderna, esiste una relazione tra tutto quello che sta là fuori oltre la volta azzurra, che ci da la sensazione di vivere dentro ad un bellissimo quadro tridimensionale a colori, e noi stessi, in modo particolare se ci stessimo dedicando alla pratica dello yoga. I differenti movimenti ciclici dei corpi celesti che sono stati descritti precedentemente e che causano il verificarsi, per un osservatore situato sul pianeta terra, dei fenomeni del giorno e della notte, delle differenti stagioni, della luna piena e nuova e degli Yuga, o se preferisce, della precessione degli equinozi, avvengono tutti simultaneamente e di continuo. Mentre il sole con tutto il suo sistema di pianeti e satelliti si muove da e verso il Grande Centro la terra continua a girare su sé stessa mentre gira anche attorno al sole e la luna continua a girare attorno alla terra. Un giro della terra su sé stessa costituisce un giorno, un giro della luna attorno alla terra costituisce un mese (lunare) ed un giro completo della terra attorno al sole costituisce un anno (solare) ed un giro completo del sistema solare attorno al Grande Centro costituisce un Maha Yuga. Così riassunti non è difficile mettere tutti questi movimenti in una correlazione reciproca e si può anche tentare di immaginarli nel loro complesso. Riguardo ai mesi è noto che un mese lunare sia più breve di un mese solare inteso come frazione di un anno solare. Ci sono 12 mesi in anno, ma ogni tre anni vengono a verificarsi 37 mesi lunari. Nonostante i mesi siano stati concepiti sulla base di quelli lunari a parecchi di loro è stato aggiunto qualche giorno così da conformarsi ai 12 mesi solari. Prendendo questi 37 mesi lunari come equivalente di tre anni solari è possibile calcolare gli Yuga in termini di mesi lunari. Questo è un fattore di fondamentale importanza nell'applicazione pratica delle tecniche spirituali del Kriya Yoga ed è proprio per questo che è stato impostato tutto il discorso sugli Yuga e la loro durata, poiché è di importanza rilevante per i devoti del Kriya Yoga. |
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La teoria fondamentale del Kriya Yoga | |||||||
É già stato detto nel capitolo relativo agli Yuga che la loro progressiva mutazione ascendente comporti l'acquisizione delle differenti virtù, Dharma, e perché queste possano manifestarsi appieno nel loro potenziale sono richieste migliaia e migliaia di anni. Gli antichi maestri della tradizione spirituale dell'India scoprirono che le medesime virtù possono essere rese manifeste nell'uomo anche entro la durata di una vita media a condizione che i movimenti planetari sopra menzionati riescano ad essere posti in atto, producendo quindi i medesimi effetti naturali, nell'essere umano. Il Kriya Yoga fu concepito secondo questo schema; in accordo con questo disegno il "Sahasrara", la sede dello Spirito nell'uomo, rappresenta l'elemento sole in esso, mentre la mente, nel suo aspetto di consapevolezza, rappresenta l'elemento luna. Il Sushumna nadi, il canale energetico principale del corpo sottile dell'uomo rappresenta invece l'intero firmamento contenente le diverse costellazioni di stelle rappresentate a loro volta dai sei (dodici a causa della polarità esistente nella creazione) centri di energia situati entro essa, i chakra. Con il movimento di questa "luna" interiore nello spazio della Shushumna dal punto più lontano dal "sole" interiore a quello più vicino ad esso e producendo la ciclicità continua propria del movimento di questi corpi celesti si realizza, a livello sottile, il medesimo sviluppo spirituale che si avrebbe all'avvenire naturale di questi movimenti, ma in un tempo enormemente più breve. Si consideri che un movimento completo eseguito correttamente, dal punto più basso a quello più alto e viceversa, che impiega meno di un minuto, si stima equivalga alla durata di un mese lunare. Eseguendo le adeguate ripetizioni di questo movimento interiore, che è in rapporto con quello esteriore dei pianeti, si può ottenere il medesimo sviluppo spirituale, quindi la manifestazione delle relative virtù di tutti gli Yuga, progressivamente, in un periodo relativamente breve, brevissimo se comparato con distanze temporali di migliaia di anni. Nota: É stata usata una terminologia strettamente attinente allo yoga riguardo ad alcuni vocaboli. Chi è avvezzo alla materia avrà chiarissimi i concetti mentre per chi conosce meno l'argomento potrebbero risultare riferimenti astratti. In altre sezioni di questo sito queste nozioni saranno descritte e definite con più precisione.
Questa è la filosofia, la teoria principale che sta alla base della pratica del Kriya Yoga. É comprensibilmente discutibile perché si fonda su dei principi che non sono oggettivamente dimostrabili, fa delle analogie che non hanno un riscontro provato ed in definiva non si basa di certo sul principio scientifico. É altrettanto vero però che anche nella fisica moderna, una delle sedi principali dove il principio scientifico viene rigorosamente applicato, esistono rami di pensiero che formulano teorie con una tendenza marcata verso la direzione sopracitata senza ovviamente spingersi tanto lontano. La fisica infatti, per spiegare determinati fenomeni, è costretta a tralasciarne altri, considerati meno importanti riguardo all'evento in osservazione, per riuscire a descriverlo ma così operando è obbligata ad accettare una certa approssimazione. Non è quindi corretto costruirsi lo schema mentale per cui "tutto ciò che è scientifico è vero mentre il resto è solo ciarlataneria". Se così fosse nel caso in cui al tempo di Newton qualcuno avesse parlato di una "Internet di computer" gli sarebbe stato certamente risposto che non era materia scientifica, eppure adesso c'è. Anche i fisici sono giunti a comprendere che tutte le loro teorie dei fenomeni naturali, comprese le "leggi" che formulano, sono creazioni della mente dell'uomo, proprietà cioè della nostra mappa concettuale della realtà più che proprietà della realtà stessa. Questo schema concettuale è necessariamente limitato e approssimato,come lo sono tutte le teorie scientifiche e le "leggi della natura" che esso contiene. Tutti i fenomeni naturali sono in definitiva interconnessi, e per spiegare uno qualsiasi di essi dovremmo comprendere tutti gli altri, il che, ovviamente, è impossibile. I grandi successi della scienza sono dovuti alla possibilità di introdurre approssimazioni. In tal modo, se ci si accontenta di una "conoscenza" approssimata della natura, si possono descrivere gruppi di fenomeni opportunamente scelti, ignorandone altri meno importanti. Così è possibile spiegare un gran numero di fenomeni a partire da alcuni di essi, e di conseguenza si possono capire diversi aspetti della natura in modo approssimativo senza dover comprendere per forza tutto quanto in una volta sola. Questo è il metodo scientifico; tutte le teorie e i modelli scientifici sono solo approssimazioni della vera natura delle cose, ma l'errore che si introduce con l'approssimazione è spesso sufficientemente piccolo da giustificare questo modo di procedere. I fisici costruiscono quindi una sequenza di teorie parziali e approssimate, ognuna delle quali, pur essendo più precisa della precedente, non rappresenta ancora una descrizione completa e definitiva dei fenomeni naturali. Nota: Occorre dire che questa teoria è messa in discussione anche tra alcuni seguaci e praticanti di Kriya Yoga adducendo le più varie e logiche ragioni. Io non mi sento di esprimere nessun giudizio personale, credo che sia una questione soggettiva il sentirla propria o meno e mi limito solo a presentarla così come la ho trovata descritta. É un fatto che diverse scuole di Kriya Yoga basino lo sviluppo delle pratiche che insegnano su questo principio, altre lo intendono concepito secondo schemi differenti mentre alcuni non vi fanno affidamento alcuno. Ora è sicuramente più facile vedere come nella concezione orientale, parimenti a quella della fisica moderna, ogni cosa dell'universo sia connessa a ogni altra cosa esistente e nessuna sua parte sia in sé fondamentale. Le proprietà di una parte qualsiasi non sono determinate da qualche legge fondamentale, ma dalle proprietà di tutte le altre parti. Sia i fisici che i mistici riconoscono l'impossibilità che da ciò deriva di spiegare pienamente un qualsiasi fenomeno, ma poi essi assumono atteggiamenti diversi. I fisici, come abbiamo già visto prima, si accontentano di una conoscenza approssimata della natura. I mistici orientali, viceversa, non sono interessati alla conoscenza approssimata, "relativa", ma si prefiggono di raggiungere la conoscenza "assoluta", la quale comporta una comprensione della totalità della vita. Essendo ben consapevoli della sostanziale interrelazione dell'universo, essi si rendono conto che spiegare qualcosa significa, in definitiva, mostrare come essa sia connessa a ogni altra cosa. Poiché questo è impossibile, i mistici orientali sostengono che nessun fenomeno singolo può essere spiegato. Le principali scuole del misticismo orientale concordano quindi con la concezione secondo la quale l'universo è un tutto interconnesso in cui nessuna parte è più fondamentale delle altre, cosicché le proprietà di una parte qualsiasi sono determinate da quelle di tutte le altre. In questo senso, si potrebbe dire che ogni parte "contiene" tutte le altre e, in realtà, una percezione di mutua incorporazione sembra essere una caratteristica dell'esperienza mistica della natura. Come dice Sri Aurobindo: "Per il senso supermentale non vi è nulla di realmente delimitato; esso si fonda sulla percezione del tutto in ogni cosa e di ogni cosa nel tutto". E credo che la formulazione della teoria base del Kriya Yoga si adatti benissimo a questo concetto. Nota: Questa idea di "tutto in ogni cosa" e di "ogni cosa nel tutto" ha trovato la sua elaborazione più ampia nella scuola Avatarasaka del buddhismo Mahayana che viene spesso considerata il punto più alto e conclusivo del pensiero buddhista. Essa si basa sull'Avatamsaka-sutra, che tradizionalmente si crede sia stato pronunciato dal Buddha mentre era in profonda meditazione dopo il suo Risveglio Spirituale. Questo voluminoso sutra, che sinora non è stato tradotto in nessuna lingua occidentale, descrive con molti particolari come viene percepito il mondo nello stato di coscienza illuminato, quando "i contorni solidi dell'individualità si dissolvono e la sensazione della limitatezza non ci opprime più". Nella sua ultima parte, chiamata Gandavyuha, si racconta la vicenda di un giovane pellegrino, Sudhana, e dà la più vivida descrizione della sua esperienza mistica dell'universo, che gli appare come una perfetta rete di relazioni reciproche, dove tutte le cose e tutti gli eventi interagiscono tra loro in modo tale che ognuno di essi contiene in se stesso tutti gli altri. |
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